Srila Jiva Gosvami
13 GENNAIO 2024 - Scomparsa
Srila Jiva Gosvami
Jiva Gosvami (1513-1598) traccia la propria genealogia nel Laghu-tosani, che è il suo commentario alla più grande opera di Sanatana Gosvami, il Vaisnava-tosani. La genealogia è importante perché fornisce le esigue informazioni esistenti a proposito delle origini familiari di Rupa, Sanatana, e Jiva. La vita e l’opera di Jiva Gosvami sono emblematiche del metodo devozionale dei vaisnava. Egli dedicava ogni attimo alla missione di codificare la filosofia di Sri Caitanya per il beneficio dell’umanità. Con questa finalità, egli organizzò il Movimento iniziato dai cinque Gosvami anziani. Per conseguenza Jiva Gosvami è conosciuto come il predicatore più sistematico tra i sei Gosvami, e a volte è stato definito il più grande filosofo in tutta la storia dell’India. In effetti Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada ha commentato: “I vaisnava sono di gran lunga i più grandi filosofi del mondo, e il più grande tra loro è Srila Jiva Gosvami.”
Jiva era il più giovane e più prolifico scrittore tra i sei Gosvami. Per giunta, fu l’ultimo tra loro a raggiungere Vrindavana, e non viene quindi citato in nessuna delle prime biografie di Sri Caitanya. Jiva, tuttavia, è glorificato in molti versi della Caitanya-caritamrita, ma anche in quell’opera è citato solitamente in connessione con gli altri cinque Gosvami. Il poco che si conosce riguardo a Sri Jiva deriva principalmente dal Bhakti-ratnakara, della quale opera si è parlato diffusamente in tutto questo libro, e da un altro precedente libro (sebbene anch’esso risalga al diciassettesimo secolo), intitolato Prema-vilasa. Quest’ultima opera è stata scritta da Nityananda dasa, uno degli studenti della moglie di Nityananda Prabhu, Jahnava devi, e viene quindi accettato da molti vaisnavacaitanyti come fonte autorevole.
Poiché le informazioni biografiche a proposito di Jiva Gosvami sono limitate, sono sorti molto dibattiti in relazione ai particolari. Alcuni eruditi per esempio, smentiscono che il 1513 sia l’anno di nascita di Sri Jiva, perché Sri Caitanya incontrò Rupa, Sanatana, e Anupama (padre di Jiva e fratello minore di Rupa e Sanatana) più tardi durante lo stesso anno, a Ramakeli. Ciò costituisce un problema perché, stando al Bhakti-ratnakara, anche Jiva si trovava a Ramakeli a quel tempo. E sebbene egli fosse solo un bambino, era abbastanza grande da raggiungere da solo il luogo dell’incontro con Sri Caitanya, tanto da poter assistere all’amorevole relazione tra i suoi zii, suo padre, e Sri Caitanya. Come poteva, dunque, Jiva essere nato nello stesso anno? L’unica conclusione possibile è che anche la data di nascita di Jiva sia approssimativa, come è già stato ammesso da Bhaktivinoda Thakura, oppure che Jiva fosse un neonato dalle facoltà miracolose. (Come per gli altri Gosvami, la posizione ontologica di Jiva è speciale! Egli era considerato un’incarnazione della gopi conosciuta col nome di Vilasa-manjari. Gli eventi soprannaturali quindi non sono da considerare impossibili.)
Qualunque sia la risposta, crescendo, Jiva Gosvami sviluppava anche tutti i sintomi fisici del maha-purusa, ossia di una divinità potenziata. Le descrizioni delle Scritture riguardo a queste anime presuppongono occhi allungati simili a fiori di loto, il naso e la fronte alti, le spalle e il petto ampi, le mani che sfiorano le ginocchia, e una radiosità simile a quella dell’oro fuso, oltre ad altri aspetti caratteristici. Il Bhakti-ratnakara afferma che Jiva Gosvami non era privo di alcuno di questi sintomi corporei... Inoltre egli era prodigioso: in tenera età conosceva a fondo argomenti quali la grammatica, la poesia, la logica e le interpretazioni delle Scritture.
Com’è descritto nel terzo capitolo, Sri Caitanya aveva conosciuto dapprima Rupa e Anupama a Ramakeli e quindi ebbe un secondo incontro che avvenne poco dopo ad Allahabad. Questo sarebbe stata l’ultima volta che Anupama incontrava il Maestro in questa incarnazione, perché proprio l’anno successivo, nel 1514, mentre viaggiava attraverso il Bengala diretto verso Puri, Anupama spirò sulle rive del Gange. Questo devastante evento ebbe un tremendo effetto su Jiva Gosvami, che, sebbene fosse solo un bambino a quel tempo, decise di rinunciare al mondo e alle sue crudeltà. Così, con un ardente passione nei confronti dell’illuminazione spirituale, Sri Jiva studiò le Scritture finché raggiunse i dieci anni di età. A quel tempo egli intraprese l’adorazione di Krishna-Balarama, le forme di murti di Krishna e di Suo fratello maggiore. Sri Jiva considerò Krishna e Balarama non-differenti da Sri Caitanya e Nityananda Prabhu. Questo periodo della vita di Jiva, e lo scenario che ne seguì, sono sintetizzati dall’autore e dallo studioso di sanscrito Stuart Elkan:
“Con la morte del padre, e i due zii che ora risiedevano a Vrindavana, si dice che Jiva perse ogni interesse per la ricerca mondana, e che sperasse soltanto di riuscire, un giorno, a raggiungere i due zii a Vrindavana. Per il tempo in cui raggiunse i vent’anni, anche sua madre morì, ed egli decise di condurre la vita del vaisnava appartato, in compagnia di Rupa e Sanatana... Prima di procedere per Vrindavana, Jiva visitò dapprima la città di Navadvipa (il luogo di nascita di Sri Caitanya), dove conobbe Nityananda che lo condusse in tutti i luoghi santi legati alla giovinezza di Caitanya. Seguendo l’ordine di Nityananda, Jiva proseguì verso Benares per completare i suoi studi nell’apprendimento del sanscrito.”
Particolari interessanti a proposito della vita di Jiva Gosvami a Navadvipa si trovano nel Navadvip Dham Mahatmya di Jiva Gosvami. Fin dalla più tenera età Jiva aveva desiderato visitare il luogo di nascita di Sri Caitanya. La madre di Jiva non voleva che il suo unico figlio viaggiasse e conducesse l’austera vita del rinunciante. Ciò nonostante Jiva concepì uno stratagemma grazie al quale propose di compiere una breve visita alla sua ancestrale dimora di Fatehabad. Sua madre acconsentì e Jiva fece in modo che il barcaiolo che avrebbe dovuto portarlo a Fatehabad, lo conducesse invece a Navadvipa.
Una volta a Navadvipa, Sri Jiva incontrò Nityananda Prabhu, com’è stato annotato da Stuart Elkman. Jiva riconobbe immediatamente Nityananda come non-differente dalla sua Divinità di Balarama. “Tu sei la forma dell’universo”, disse Jiva a Nityananda, “Tu sei Balarama. In realtà sei tanto infinito che io non posso descrivere appropriatamente le Tue qualità. Una cosa so per certo, che Tu sei il mio eterno padrone e io il Tuo servitore. La mia unica aspirazione è l’ombra dei Tuoi piedi di loto. La persona a cui Tu accordi la Tua misericordia ottiene senza difficoltà i piedi di loto di Sri Caitanya, e viene sommerso dall’acqua dell’amore per Dio. Senza la Tua misericordia nessuno potrebbe ottenere Sri Caitanya, anche se lo adorasse per cento vite. Per questo, io prego di ricevere il Tuo sguardo misericordioso.”
Dopo aver glorificato Nityananda Prabhu in questo modo, Sri Jiva venne accompagnato da Nityananda Prabhu Stesso in una visita completa di Navadvipa. Dapprima si recarono al luogo di nascita di Sri Caitanya; poi visitarono la famosa casa di Srivasa Thakura, dove una volta si tenevano estatici kirtan notturni; là, essi incontrarono Srivasa, il quale li condusse a casa di Saci; Sacidevi e Visnupriya, la vedova di Sri Caitanya, cucinarono del prasadam (cibo sacro vegetariano) per loro; quindi Vamsivadana, il servitore di Saci, li accompagnò al tempio di Jagannatha Misra, dove il padre di Sri Caitanya aveva adorato la Divinità di famiglia di Laksmi-Narayana. Fu così che Jiva Gosvami visitò tutte e nove le Isole di Navadvipa.
Dopo la loro visita al santo dhama, Nityananda Prabhu disse a Sri Jiva di recarsi a Vrindavana passando da Benares. La ragione per cui doveva attraversare Benares era quella di individuare Madhusudana Bhattacarya, un importante discepolo di Sarvabhauma Bhattacarya, e prendere lezioni da lui. Vacaspati sarebbe diventato il consigliere di Jiva Gosvami. Giunto a Benares, Jiva Gosvami trovò rapidamente Madhusudana Vacaspati e accettò la sua tutela. In un periodo di tempo relativamente breve, Sri Jiva divenne particolarmente abile in ogni aspetto della filosofia del Vedanta e guadagnò la reputazione di eminente erudito. Avendo scritto il Sarvasangvadini, nel quale egli si riferisce a quei commentatori che divergono dal Vedanta Sutra, quali Madhva, Ramanuja, Sankara, e Vacaspati, egli fu riconosciuto come autorità completa e di vasta esperienza in tutti i rami del sapere. Attualmente, la Benares Hindi University, onora Jiva dedicando un intero dipartimento allo studio delle sue opere.
Una volta stabilito a Benares, Sri Jiva rammentò le istruzioni di Nityananda Prabhu. Quando si trovava a Navadvipa, Nityananda Prabhu gli aveva detto: “Recati presto a Vrindavana. Quel luogo è stato assegnato da Sri Caitanya Mahaprabhu alla tua famiglia, a tuo padre e ai tuoi zii, quindi devi recarti là immediatamente.” Questo ricordo, unito all’ardente desiderio di assistere Rupa e Sanatana, lo influenzarono a lasciare Benares e a partire per Vrindavana. Krishnadas Kaviraja, autore della Caitanya-caritamrita, conferma che a quel tempo Jiva Gosvami aveva vent’anni e si era recato a Vrindavana per svolgere l’incarico assegnatogli da Nityananda Prabhu.
Oltre al massiccio contributo letterario di Jiva Gosvami (è detto che egli compilò non meno di 400.000 versi sanscriti!), non si conosceva davvero troppo a proposito della sua permanenza a Vrindavana. Secondo il Bhakti-ratnakara, i devoti (che sono citati qui di seguito assieme con altri) si trovavano laggiù la prima volta che Jiva arrivò, e lo accolsero con amore e amicizia: gli altri cinque Gosvami, Prabodhananda Sarasvati, Kasisvan Pandita, e Krishnadasa Kaviraja. Rupa e Sanatana furono felicissimi di vedere il loro illustre nipote in compagnia dei devoti di Vrindavana.
Poco dopo essere giunto nella santa terra di Krishna, Sri Jiva avvicinò Sanatana, lo zio più anziano, per essere iniziato nella linea dei vaisnava caitanyti. Ma Sanatana, per umiltà, rimandò la responsabilità di iniziare Jiva a Rupa Gosvami. Prima che Rupa iniziasse Sri Jiva, però, egli decise di mettere alla prova il suo temperamento. A questo scopo, Rupa dette a Jiva degli umili servizi da compiere. Fece preparare a Jiva gli oggetti per l’adorazione delle Divinità; gli fece chiedere l’elemosina, e preparare del cibo; poi fece ricercare dei testi; si fece massaggiare i piedi e preparare foglie di palma per i suoi scritti. Assai compiaciuto dal senso altruistico del servizio di Jiva Gosvami, Sri Rupa lo iniziò formalmente al vaisnavismo caitanyta. Erano passati alcuni mesi dall’iniziazione di Jiva, quando uno studioso erudito di nome Rupanarayana Sarasvati arrivò a Vrindavana. Egli era famoso come uno degli uomini più colti del Paese, e si diceva che non potesse essere sconfitto nei dibattiti filosofici. Infatti, egli era definito un digvijayi, cioè “una persona che ha superato tutti in ogni direzione”. La sua superbia, tuttavia, era vasta quanto la sua cultura. E quando si recava di villaggio in villaggio per disputare con gli eruditi del luogo, egli richiedeva un jayapatra, ossia un “certificato di vittoria” da parte dei suoi oppositori.
A quel tempo, Rupa e Sanatana erano conosciuti in tutto il Nord dell’India come i più grandi tra tutti gli eruditi. Secondo la sua solita arroganza, Rupanarayana sfidò rudemente i due famosi fratelli in un dibattito. Quando Rupa e Sanatana rifiutarono, il presuntuoso Rupanarayana disse: “Voi siete ovviamente degli impostori! Se foste eruditi quanto le persone vi ritengono, accettereste tutti e due la mia sfida.” Con grande umiltà, Rupa e Sanatana dissero che la loro reputazione era stata esagerata dagli amici, e che in realtà loro non erano capaci di sconfiggere un individuo tanto erudito da essere imbattibile. Rupanarayana fu assai compiaciuto di sentirlo. Pensando immediatamente alla sua reputazione, chiese il suo solito jayapatra per poter dimostrare che aveva sconfitto anche Rupa e Sanatana. Senza alcuna esitazione, i due umili fratelli firmarono il suo certificato e lo lasciarono andare per la sua strada.
Accecato dalla vanità, Rupanarayana sentì di essere ormai il più grande erudito di tutti i tempi. Trascurò completamente il fatto di aver sconfitto Rupa e Sanatana solo per abbandono; infatti era stata solamente la loro umiltà ad accordargli una facile vittoria. Inoltre Rupanarayana seppe presto che Rupa e Sanatana avevano un giovane nipote che aveva rapidamente sviluppato una reputazione pari alla loro. Rupanarayana sapeva che se voleva davvero affermarsi come il più grande degli eruditi avrebbe dovuto sconfiggere anche il giovane Jiva. Avvicinando Jiva Gosvami, Rupanarayana presentò la lettera con l’affermazione della sconfitta di Rupa e Sanatana. Jiva era irritato. Come potevano i suoi maestri, Rupa e Sanatana, che erano compagni intimi del Signore, essere sconfitti da un comune studioso —fosse anche dal più grande di essi? Rupanarayana pretese che Jiva iniziasse il dibattito con lui, perché una volta sconfitto Jiva, egli disse, la sua reputazione sarebbe stata impareggiabile. Quando Jiva udì la disgustosa vanagloria di Rupanarayana, provò l’intenso impulso di zittirlo una volta per sempre. La giovinezza di Jiva ebbe la meglio. Sebbene i suoi zii evitassero di sprecare del tempo prezioso in qualche dibattito mondano, Jiva accettò la sfida.
Il giovane Jiva trascorse sette giorni sulle rive della Yamuna cercando di riscattare la reputazione dei suoi zii. Il giorno finale, la competizione degli eruditi fu completata. Jiva aveva vinto il dibattito. Quindi Rupanarayana se ne andò in grande vergogna, e non venne più rivisto a Vrindavana. Jiva, da parte sua, era ansioso di condividere la propria vittoria con Rupa e Sanatana. Egli era particolarmente eccitato per il desiderio di raccontare le buone notizie a Rupa, il suo guru. Quando si avvicinò a Rupa, tuttavia, venne rimproverato severamente: “Hai accettato prematuramente lo stadio della vita di rinuncia”, gli disse Rupa, “e per conseguenza, non sei riuscito a vincere la tua collera e il senso di orgoglio. Nessuno che gioisca nell’umiliare il prossimo, o che affermi i propri meriti, è adatto a vivere a Vrindavana. Per questo devi essere allontanato, e dovresti andartene immediatamente.” Severamente umiliato, Jiva si prosternò davanti al suo maestro e lasciò rapidamente Vrindavana per la vicina Mathura. Egli prese a cuore le dure parole di Rupa Gosvami, e praticò rigide austerità nel tentativo di riscattarsi dalla propria cattiva condotta. È detto che egli visse nella cavità di un’albero, che mangiava dell’umile cibo (una sola volta al giorno), e che s’impegnò in un voto di silenzio che sarebbe durato un anno intero.
Questo esilio avrebbe potuto durare anche più a lungo, ma fu abbreviato grazie alla misericordia di Sanatana Gosvami. Quando Sanatana scoprì ciò che era accaduto a Jiva, si recò immediatamente da Rupa e gli disse che stava trascurando di seguire uno degli insegnamenti cardinali di Sri Caitanya. Rupa disse: ”Che cosa? Qual è l’insegnamento che non sto seguendo? Dimmelo, ti prego.” Allora Sanatana disse: “Recita gli insegnamenti del nostro Maestro. Quando arriverai a quello in questione te lo farò sapere.” Recitando pazientemente tutti i precetti di Sri Caitanya, Rupa giunse infine a “Jiva doya”, che significa “Benevolenza verso tutti gli esseri viventi”. Doya significa “benevolenza”, e Jiva significa “esseri viventi”. Jiva, tuttavia, è anche il nome di Jiva Gosvami. Realizzando l’importanza del curioso gioco di parole di Sanatana, Rupa rise cordialmente e decise di essere “benevolo verso Jiva”. In questa maniera, Rupa revocò il suo esilio.
I detrattori di Jiva Gosvami sottolineano scioccamente questo episodio della vita di Jiva nel tentativo di dimostrare che egli agì scorrettamente. I vaisnava seguaci di Sri Caitanya Mahaprabhu, tuttavia, comprendono che Jiva stava soltanto recitando una parte al fine di istruire altri riguardo alle insidie dell’erudizione mondana. I critici affermano che Jiva avrebbe dovuto essere più umile, e che se lo fosse stato, non sarebbe mai stato esiliato da Rupa Gosvami. Tali detrattori trascurano il fatto che se Jiva non avesse dibattuto con l’arrogante erudito, il vaisnavismo sarebbe caduto in cattiva reputazione, perché la gente avrebbe continuato a credere che Rupa e Sanatana erano stati sconfitti da Rupanarayana. A questo proposito Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada commenta:
“[I detrattori di Jiva Gosvami] non sanno che umiltà e mitezza sono appropriate quando è insultato il proprio onore, ma quando Sri Visnu o gli acarya sono ingiuriati bisogna agire, non accontentarsi di essere umili e miti. Si deve seguire l’esempio dato da Sri Caitanya Mahaprabhu. Egli disse nella Sua preghiera: ‘Si deve cantare il santo nome del Signore in un umile stato di mente, pensando di essere inferiori a un filo di paglia sulla strada. Si deve essere più tolleranti di un albero e pronti a offrire agli altri tutto il nostro rispetto. In tale stato di mente è possibile cantare il santo nome del Signore costantemente.’ Tuttavia, quando il Signore fu informato che Nityananda Prabhu era stato ferito da Jagai e Madhai, infuocato dalla collera, si recò sul posto deciso a ucciderli. Così Sri Caitanya spiegò il verso con l’esempio del Suo comportamento personale. Si devono tollerare gli insulti rivolti alla propria persona, ma quando l’ingiuria è rivolta contro i superiori, come gli altri vaisnava, non ci si deve comportare in un modo umile e mite, ma si devono prendere misure adeguate per contrattaccare tale bestemmia.”
Ci sono altre due storie che sono state fabbricate per diffamare Jiva Gosvami. La prima storia asserisce che Krishnadasa Kaviraja, dopo aver completato la sua opera principale (magnum opus) conosciuta come Caitanya-caritamrita, mostrò il proprio lavoro a Jiva, il quale in seguito lo buttò in un pozzo, pensando che il libro di Kaviraja fosse troppo competitivo per il suo lavoro. Krishnadasa Kaviraja, continua la storia, rimase tanto disgustato dall’azione del Gosvami, che morì immediatamente. Il problema di questa storia, però, è che non trova alcun supporto storico o testuale, né da parte degli storici né dei praticanti. La seconda storia inventata dai detrattori di Sri Jiva Gosvami è forse più seria della prima. Costoro accusano Jiva di negare l’importante dottrina filosofica della parakiya-rasa, la quale afferma che la relazione di Krishna con le gopi sposate è superiore alla Sua relazione con le gopi nubili (sebbene dal punto di vista convenzionale sia immorale avere relazioni con donne sposate).
Coloro che non riescono a concepire la posizione trascendentale di Krishna, preferiscono pensare a Radha e Krishna come se fossero sposati (svakiya-rasa), e in questo modo essi riescono a sistemare la relazione di Radharani con Lui. Questi critici non riescono mai a rendersi conto che i codici etici mondani e i principi morali perdono ogni significato quando sono riferiti a Dio e ai Suoi eterni associati. Mentre i devoti in questo mondo sono obbligati a seguire i più elevati livelli dell’etica e della moralità, nel regno di Dio esiste un livello completamente differente: ogni cosa viene calcolata in base a quanto essa porta piacere al Signore. Incapaci di accettare che Radharani è effettivamente sposata con qualcun altro, i neofiti sulla via della spiritualità non riescono a comprendere che la relazione tra Radha e Krishna diviene ancor più dolce a causa dell’emozionante rischio generato dalla Loro relazione extraconiugale. Bisogna ricordare inoltre, che nel mondo materiale una tale relazione è considerata indegna. Tutte queste sono ragioni per cui nel mondo spirituale —che è esattamente l’opposto del mondo materiale—questa relazione è considerata lo zenit delle relazioni amorose trascendentali.
Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada commenta così il presunto rifiuto della parakiya-rasa da parte di Srila Jiva Gosvami:
“In realtà, quando Jiva Gosvami era in vita, alcuni suoi seguaci non apprezzarono la parakiya-rasa delle gopi, per questa ragione Srila Jiva Gosvami, considerando il loro beneficio spirituale, sostenne la svakiya-rasa nel timore che i sahajiya sfruttassero la parakiya-rasa come stanno facendo al presente. Sfortunatamente a Vrindavana e a Navadvipa è diventato di moda tra i sahajiya, nella loro degradazione, trovare un partner di sesso opposto e fare vita in comune al di fuori del matrimonio per compiere servizio devozionale secondo la parakiya-rasa. Prevedendo ciò, Srila Jiva Gosvami aveva sostenuto la svakiya-rasa e più tardi tutti gli acarya vaisnava lo avevavo approvato. Srila Jiva Gosvami non si oppose mai alla trascendentale parakiya-rasa, né alcun altro vaisnava la disapprovò. Srila Jiva Gosvami seguì rigidamente i guru e i vaisnava suoi predecessori, Srila Rupa e Sanatana Gosvami. Srila Krishnadasa Kaviraja Gosvami accettò Srila Jiva Gosvami come uno dei suoi guru istruttori”.
Le critiche infondate dirette contro Jiva sono state a lungo messe a tacere dalle coraggiose autorità e dagli eruditi del vaisnavismo Gaudiya, come Bhaktivinoda Thakura, Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura, e Sua Divina Grazia Srila Prabhupada. In effetti, gli storici ora, considerano Sri Jiva come uno dei più importanti maestri della teologia caitanyta, e gli attribuiscono il mantenimento della tradizione. Nonostante il suo veemente spirito di predica, egli serviva il duplice scopo di portare avanti la missione dei Gosvami, di codificare gli insegnamenti di Sri Caitanya e di stimolare altri a innalzare il vessillo del movimento del sankirtan. Ciò è stato annotato da Amarnath Chatterjee, professore di storia all’Università di Delhi:
“Tra i Sei Gosvami, solo Jiva può essere visto come un predicatore sistematico. Fu lui a pianificare l’opera di propagazione in Bengala e in Orissa durante il periodo post-Caitanya-Nityananda (il diciassettesimo secolo). Per conseguenza, egli istruì Srinivasa, Narottama, e Syamananda sui principi fondamentali della fede vaisnava, affidando loro il lavoro di predica, e dirigendoli infine a procedere verso le province orientali con la letteratura vaisnava.”
La fama di Jiva Gosvami si diffuse in tutta l’India. Come risultato, l’Imperatore Akbar, più tollerante dei governatori moghul, si recò a Vrindavana nell’anno 1570, proprio per avere un’udienza esclusiva con il Gosvami. È detto che Akbar fu commosso al di là di ogni parola, tanto che iniziò a patrocinare l’opera dei Gosvami. Mentre vi sono eruditi che mettono in dubbio l’autenticità di questo evento, l’entusiasta patrocinio di Akbar nei confronti dei Gosvami è spiegato dall’eminente storico F. S. Growser: “Akbar il Grande, com’è conosciuto, fu condotto bendato nel giardino chiamato Nidhiban. Là, gli fu rivelata una visione tanto meravigliosa che Nidhiban fu pronto a riconoscere quel luogo come una terra davvero virtuosa. Da qui derivò il cordiale sostegno che egli offrì a servizio dei raja (i Gosvami), quando essi espressero il desiderio di erigere una serie di palazzi degni della Divinità locale.”
Si può concludere quindi che la visita di Akbar giocò un ruolo centrale nello sviluppo di Vrindavana in quegli anni formativi. Avendo ricevuto, per grazia di Jiva Gosvami, un’autentica esperienza spirituale, il grande imperatore indirizzò i suoi uomini a dare inizio alla costruzione dei quattro templi originali di Vrindavana: Madan-Mohan, Govindadeva, Gopinatha, e Jugal-Kishor. Si dice che a quel tempo Jiva Gosvami incontrasse molte altre eminenti personalità, come la poetessa Mirabai, ma riguardo a questi incontri sono reperibili soltanto scarne informazioni. Si sa invece molto di più a proposito della costruzione del tempio di Radha-Damodar da parte di Jiva Gosvami, uno dei più importanti sviluppi verificatesi durante la sua permanenza a Vrindavana. Quando la terra venne acquistata da un ricco servitore di Akbar di nome Alisha Chaudhari (con la precisa intenzione di assistere Sri Jiva a diffondere il vaisnavismo), il Gosvami naturalmente l’accettò come opportunità per adorare appropriatamente una coppia di Divinità di Radha-Krishna che gli era stata donata da Rupa Gosvami. Fu così che Jiva sovrintese alla costruzione del Radha-Damodara Mandir, uno dei templi classici di Vrindavana.
Nel cortile di questo tempio vi sono alcune stanze che tradizionalmente vengono affittate agli uomini santi quando giungono a onorare il tempio di Jiva Gosvami, come tributo a Radha-Damodar. Sul lato orientale del terreno del tempio c’è la stanza dove Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Srila Prabhupada risiedette per sei anni prima di lasciare l’India e salpare verso gli Stati Uniti nel 1965. Mentre si trovava in quella stanza, Srila Prabhupada produsse i primi tre volumi delle sue traduzioni e del commentario allo Srimad Bhagavatam. Con l’ispirazione di Jiva Gosvami e di Rupa Gosvami (la cui tomba si trova in quello stesso cortile), Srila Prabhupada preparava la strategia per formare la sua Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna, che fu da lui utilizzata per diffondere gli insegnamenti e la pratica del vaisnavismo caitanyta in tutto il mondo.
È detto che anche i sei Gosvami erano soliti incontrarsi al tempio di Radha-Damodar e progettare la propagazione della coscienza di Krishna. Per facilitare questo piano, Jiva Gosvami —con gli uomini affidatigli da Akbar— diresse la costruzione di una granth-bhandara, una grande biblioteca, ove egli avrebbe collocato tutte le copie manoscritte delle granth (Scritture) e dei libri di Rupa, Sanatana, e degli altri Gosvami. La premura di Jiva nel preservare queste preziose opere può essere vista come il suo Sankalpa-patra, ossia il suo ultimo desiderio (o testamento). Preservare la tradizione servendosi di prolifici raggiungimenti letterari diventò il più importante contributo di Jiva al vaisnavismo caitanyta. Oggi gli eruditi si meravigliano dell’imponente produzione di letteratura teologica di Jiva Gosvami. La realizzazione di Jiva a questo proposito è stata annotata dall’autore e storico Sushil Kumar De:
“Jiva Gosvami fu uno degli scrittori più prolifici, versatili, e produttivi, ed è quindi difficile offrire un elenco completo delle sue opere. L’enumerazione di Krishnadasa Kaviraja (Madhya 1; Antya 7) è molto breve, ma il Bhakti-ratnakara cita alcuni versi sanscriti che attribuiscono a Jiva più di venti opere differenti. La maggior parte di queste opere, però, sono commentari, riassunti, o supplementi, che delucidano i dotti trattati dei suoi zii, i quali trovarono in lui un interprete assai competente ed erudito.”
Jiva Gosvami compose e pubblicò almeno venticinque libri. Essi sono tutti considerati importanti classici nella linea di Sri Caitanya, e sono elencati nel modo seguente:1) Hari-namamrita-vyakarana, 2) Sutra-malika, 3) Dhatu-sagraha, 4) Krishnarcha-dipika, 5) Gopal-virudavali, 6) Rasamrita-shesha, 7) Sri Madhava-mahotsav, 8) Sri Sankalpa-kalpabriksa, 9) Bhavartha-suchara-champu, 10) Gopal-tapani-tika, 11) Brahma-sanghita-tika, conosciuto anche come Dik-darshani (commentario alla Brahma-sanghita), 12) Bhakti-rasamrita-sesa-rochani (un commentario all’Ujjvala-nilamani di Sri Rupa), 14) Yogasara-stava-tika (un commentario al Padma Purana), 15) Gayatri-bhashya (una spiegazione del Gayatri-mantra come riferita nell’Agni Purana), 16) Una elaborata descrizione dei piedi di loto di Krishna, che segue in particolare la descrizione del Padma Purana, 17) Una descrizione dei piedi di loto di Srimati Radharani, 18) Gopal-champu (in due parti), e 19-27) i sette Sandarbha: Krama, Tattva, Bhagavat, Paramatma, Krishna, Bhakti, e le Priti Sandarbha.
Sebbene tutte queste opere siano importanti, alcune sono particolarmente degne di nota. La grammatica di Jiva Gosvami, intitolata Hari-namamrita-vyakarana, per esempio è considerata conferitrice di un effetto quasi mistico sui suoi lettori. Sua Divina Grazia Srila Prabhupada ha commentato che se si studia quest’opera, si possono imparare le regole della grammatica sanscrita e diventare simultaneamente un grande devoto di Krishna. Janardana Cakravarti ha spiegato questa grammatica con una certa profondità: “Un trattato assai geniale... utilizzare il nome di Dio come metodo per enunciare le regole della grammatica sanscrita. Esso è diviso in diciotto prakarana, per esempio Sarvesvara-sandhi, Visnu-jana-sandhi, Visnusarga-sandhi, Visnupad-prakaran, ecc.” Il precedente di spiegare la grammatica con l’utilizzo dei molti nomi di Sri Krishna, naturalmente, fu stabilito da Sri Caitanya Stesso. Jiva Gosvami cercò così di emulare il suo Maestro.
Tuttavia, a superare perfino la sua grammatica in ordine di importanza, ci sono le ancor più intense opere teologiche di Jiva. Il suo Radha-krishnarcana-dipika, per esempio, è una composizione magistrale che offre dettagli a proposito dell’adorazione di Radha e Krishna insieme. Questo è un contributo significativo alla sampradaya caitanyta. Così è anche per il Gopal Champu di Jiva Gosvami, che è diviso in due parti. La prima parte, purva, è costituita da trentatré capitoli che descrivono elaboratamente le attività di Krishna a Vrindavana. La seconda parte, uttara, è costituita di ventisette capitoli e descrive le attività del Signore a Mathura e a Dvaraka. Nella sua totalità, il Gopal Champu è un grande poema epico che tratta dell’intera gamma delle attività di Krishna nella Sua manifestazione originale. È stato scritto in un elaborato stile poetico e con profonda devozione. Anche il famoso Krama-sandarbha è significativo. Spesso descritto come il “settimo” dei sei sandarbha, è l’elaborato commentario di Jiva a tutti i dodici canti dello Srimad-Bhagavatam. Più importanti, tuttavia, sono i Sat (sei) sandarbha stessi. Una sintesi del loro contenuto incredibilmente accurato è dato da Sua Divina Grazia Srila Prabhupada:
“Il Bhagavat-sandarbha è conosciuto anche come Sat-sandarbha. Nella prima parte, detta Tattva-sandarbha, è dimostrato che lo Srimad-Bhagavatam è la testimonianza più autorevole e diretta sulla Verità Assoluta. Il secondo sandarbha, detto Bhagavat-sandarbha, fa una distinzione tra il Brahman impersonale e il Paramatma localizzato, descrive il mondo spirituale e il dominio dell’influenza della virtù quando è esente dalla contaminazione delle altre due influenze materiali... Si parla anche del carattere eterno dell’adorazione della Divinità, della onnipotenza della Divinità, della Sua onnipresenza, della Sua capacità di dare rifugio a tutti, delle Sue potenze grossolane e sottili, delle Sue manifestazioni personali, delle Sue espressioni di forma, di qualità e di divertimenti, della Sua posizione trascendentale e della Sua forma completa. Il terzo sandarbha, intitolato Paramatma-sandarbha, parla del Paramatma (l’Anima Suprema) e spiega che l’Anima Suprema esiste in tutti gli esseri viventi che sono miliardi di miliardi. Si parla delle differenze tra i guna-avatara, degli esseri individuali, di maya, del mondo materiale, della teoria della trasformazione, spiega che i lila-avatara rispondono ai desideri dei devoti e infine che Dio, la Persona Suprema, è caratterizzato da sei perfezioni.
Il quarto sandarbha, detto Krishna-sandarbha, dimostra che Krishna è Dio, la Persona Suprema. Segue poi la trattazione dei divertimenti e delle qualità di Krishna, il Suo controllo sui purusa-avatara e così via... Vi è contenuta anche la descrizione del pianeta Goloka e di Vrindavana (l’eterna dimora di Krishna), si parla dell’identità di Goloka e di Vrindavana, degli Yadava e dei pastorelli (tutti eterni compagni di Krishna), dell’uguaglianza e del significato dei divertimenti manifestati e non–manifestati, della manifestazione di Krishna a Gokula, delle regine di Dvaraka (che sono espansioni della potenza interna), e della supremazia assoluta delle gopi. Segue poi un elenco dei nomi delle gopi e in quest’ambito si parla della posizione suprema di Srimati Radharani.
Nel quinto sandarbha, detto Bhakti-sandarbha, si parla del modo in cui il servizio devozionale può essere compiuto direttamente... Aggiunge che la bhakti permette di raggiungere qualsiasi successo, perché trascende tutte le influenze materiali. Spiega anche come il sé si manifesta attraverso la bhakti; parla poi della felicità del sé e afferma che la bhakti, anche se eseguita in modo imperfetto, permette di raggiungere i piedi di loto di Dio... Parla del maha-bhagavata (il devoto liberato), e del devoto comune... Contiene inoltre un discorso sulla raganuga-bhakti (l’amore spontaneo per Dio), sull’intento specifico nel diventare devoti di Sri Krishna e offre uno studio comparato degli altri livelli di perfezione.
Il sesto sandarbha, detto Priti-sandarbha, è un trattato sull’amore per Dio. Vi è spiegato che grazie all’amore per Dio si raggiunge la perfetta liberazione e l’obiettivo più elevato della vita. Viene inoltre tracciata la distinzione tra la condizione liberata del personalista e quella dell’impersonalista... Tra tutte le forme di liberazione, la più elevata è quella arricchita dal servizio d’amore a Dio, e la più alta perfezione della vita consiste nell’incontrare Dio, la Persona Suprema. La liberazione immediata contrasta con la liberazione che si raggiunge attraverso un metodo graduale. Sia la realizzazione del Brahman che l’incontro con Dio, la Persona Suprema, sono considerate liberazioni nel corso della vita... Infine si parla della sovrapposizione di diversi rasa, di santa (la neutralità), del servizio, del desiderio di prendere rifugio, dell’amore paterno o materno, dell’amore coniugale, del godimento trascendentale diretto e del godimento in separazione, dell’attrazione preliminare e delle glorie di Srimati Radharani.”
In questi Sandarbha, poi, Jiva Gosvami procede nell’adempiere le mete non soltanto dei suoi prestigiosi zii e di Sri Caitanya, ma del mondo intero. Questo accade perché, —che lo sappiano o no— tutti sono assetati di conoscenza spirituale, e tale conoscenza è stata consegnata fino al massimo grado nel Sat-sandarbha di Jiva Gosvami. I filosofi occidentali ora studiano i sandarbha e si meravigliano della loro saggezza e profondità. A volte si dice che i sei sandarbha rappresentano la perfezione di sambandha-gyan, abhideya-gyan, e prayojana-gyan. Di questi sei, i primi quattro sandarbha sono dedicati ai sambandha, il quinto è dedicato ad abhideya, e il sesto a prayojana. Per conseguenza, il glorioso Sat-sandarbha è considerato il più importante trattato filosofico nella storia del vaisnavismo caitanyta.
(Tratto da I sei Gosmvami di Vrindavana di Satyaraja dasa, Steven Rosen - All rights reserved)
FAQ
Che cos'è il bhakti-yoga?
Bhakti deriva dalla parola sanscrita bhaj, che significa servizio amorevole. Yoga in sanscrito significa connessione. Bhakti yoga significa connettersi al supremo per mezzo dell'amore del puro servizio devozionale.Tutti noi abbiamo amore o Bhakti dentro di noi; tuttavia, è in uno stato dormiente. C'è un modo semplice per risvegliare questo servizio d'amore dormiente a Dio, la Persona Suprema. Questo processo è stabilito dal Signore Sri Krishna nella Bhagavad Gita. Il Signore, Sri Chaitanya Mahabrabhu, l'incarnazione del Signore Krishna in questa era attuale ha misericordiosamente reso questo processo molto semplice e piacevole. Srila prabhupada, il fondatore dell'ISKCON, ha reso questo processo famoso in tutto il mondo. Il processo del risveglio dell'amore non è solo purificante ma anche pienamente soddisfacente. Questo processo di purificazione consiste in tre principi principali: canto, danza e festa. Il canto dei puri nomi del Signore può essere fatto semplicemente cantando regolarmente l'Hare Krishna mahamantra - Hare Krishna Hare Krishna / Krishna Krishna Hare Hare / Hare Rama Hare Rama / Rama Rama Hare Hare. Il canto può essere fatto come giri minimi fissi sul japa mala o può essere fatto insieme in congregazione con strumenti musicali. La danza è anche una parte importante della purificazione per raggiungere l'amore. La danza è fatta con grazia davanti al Signore. La danza impegna tutto il nostro corpo nella glorificazione di Dio, la Persona Suprema. Banchettare significa solo mangiare cibo che è stato specificamente cucinato e offerto amorevolmente a Sri Krishna. Tale cibo o anche chiamato prasadam è privo di karma e non ci intrappola nel ciclo di nascite e morti ripetute.
Che cos'è la I.S.K.Con.?
La Società Internazionale per la Coscienza di Krishna è stata fondata nel 1966 da Prabhupada A.C. Bhaktivedanta Swami, venuto dall'India su ordine del suo Maestro Spirituale per predicare l'amore di Dio al popolo dell'Occidente. Prabhupada è in una linea di successione disciplica che risale direttamente a 500 anni fa, quando Sri Chaitanya apparve in India, e da lì ancora più indietro di 5000 anni, al tempo in cui Krishna parlò per la prima volta La Bhagavad Gita al Suo discepolo Arjuna. La Coscienza di Krishna è vissuta come un processo di auto purificazione. I suoi mezzi e il suo fine sono un segreto di Pulcinella, e non vi è alcun onere finanziario per imparare la Coscienza di Krishna o ricevere l'iniziazione al canto del mantra Hare Krishna. L'essenza del servizio devozionale a Krishna è che si prende qualunque capacità o talento si abbia e lo si combina con gli interessi del Supremo Goditore, il Signore, Sri Krishna. Lo scrittore, scrive articoli per Krishna e noi pubblichiamo periodici in questo modo. L'uomo d'affari, fa affari per fondare molti templi in tutto il paese. I capifamiglia, allevano i figli nella scienza di Dio, e marito e moglie vivono in mutua cooperazione per il progresso spirituale. Queste attività sono svolte sotto la sanzione dell'esperto Maestro Spirituale e in linea con le Scritture. Il servizio devozionale nella Coscienza di Krishna significa cantare regolarmente nel tempio, ascoltare discorsi sui passatempi di Krishna dallo Srimad Bhagavatam e prendere cibi preparati e offerti a Dio, la Persona Suprema. Con libri, letteratura e documenti, la Società si dedica a risvegliare il pubblico mondiale allo stato normale ed estatico della Coscienza di Krishna, in modo che tutti possano riguadagnare la loro posizione eterna di servire favorevolmente la volontà di Krishna. Il canto congregazionale del Sankirtan viene portato alla gente: nei parchi pubblici, nelle scuole, in televisione, a teatro, per le strade. La Coscienza di Krishna non è la filosofia di un pigro. Piuttosto, cantando e impegnandosi nel servizio di Krishna, chiunque partecipi sperimenterà lo stato di "Samadhi", l'assorbimento estatico nella coscienza di Dio, 24 ore al giorno! Poiché la filosofia della Coscienza di Krishna non è settaria, qualsiasi uomo, indù o cristiano, migliorerà nella sua fede cantando il Santo Nome di Dio e ascoltando la Bhagavad Gita. Senza conoscenza, realizzazione e servizio amorevole all'Unico Dio Supremo, non può esserci religione. Che tutti si rallegrino nel Movimento del Sankirtan, e potremo così vedere l'adempimento della predizione fatta da Sri Caitanya 500 anni fa: che il canto dei Santi Nomi di Dio, Hare Krishna, sarebbe stato portato in ogni città e villaggio del mondo. Solo così potrà prevalere la vera pace. È' sublime e facile.
HARE KRISHNA, HARE KRISHNA, KRISHNA KRISHNA, HARE HARE HARE RAMA, HARE RAMA, RAMA RAMA, HARE HARE
Chi è Krishna?
Nella filosofia del Bhakti Yoga, la Verità Assoluta è conosciuta come una persona. Il suo nome è Krishna, una parola sanscrita che significa “coLui che attrae tutti”. Krishna è l'oggetto più attraente dell'amore della tua anima. Ogni essere vivente cerca il piacere. L'essenza del piacere è il piacere dell'amore. Ne abbiamo bisogno. Senza amare qualcuno ed essere amati da qualcuno, la vita è molto vuota e superficiale. L'origine di quell'amore è l'amore dell'anima per Dio e l'amore di Dio per l'anima. Siamo attratti da qualcuno che è bello, potente, colto, famoso, rinunciato, ricco. Queste sono opulenze che attirano il nostro cuore. Il nome Krishna significa che possiede tutte le opulenze nella loro totalità. Egli è la fonte di tutta la bellezza, di tutta la forza, di tutta la conoscenza, di tutta la ricchezza, di tutta la fama e di ogni rinuncia. E l'amore di Krishna per l'anima è illimitato e incondizionato. Questo è Krishna. Egli è il nostro eterno padre, la nostra eterna madre, il nostro eterno amico, il nostro eterno amante. Potremmo servire Krishna attraverso il sentiero della bhakti. Bhakti è il processo che Dio ci ha dato attraverso il quale possiamo servirlo 24 ore al giorno. Krishna è nei nostri cuori. Krishna è nel cuore di ogni essere vivente. Krishna è dentro ogni atomo e tra gli atomi attraverso le sue varie energie. Ma alla fine, la fonte di tutto è quella persona divina, quella persona onnipotente, amorevole e attraente con cui desideriamo eternamente ricongiungerci. Bhakti Yoga significa ricongiungersi con la nostra fonte, con Dio, attraverso atti di devozione, ricordandoci di lui, cantando i Suoi nomi e le Sue glorie, pregandolo, adorando la divinità, rendendo servizio a Lui, ai Suoi devoti e a tutti gli esseri viventi. Questi sono i modi attraverso i quali potremmo sempre sentire la presenza di Dio.
Chi ha iniziato il Movimento Hare Krishna?
Nel 1965, Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada viaggiò da solo dall'India agli Stati Uniti d'America per stabilire la tradizione senza tempo della coscienza di Krishna nel mondo occidentale. Ha fondato da solo l'International Society for Krishna Consciousness (I.S.K.CON.), una società mondiale di oltre 500 templi, comunità agricole e scuole, con un'adesione di oltre tre milioni di membri in Occidente, cinquanta milioni in tutto il mondo. Srila Prabhupada ha tradotto oltre 50 libri sulla coscienza di Krishna, ora disponibili in oltre 65 lingue. Prima di morire nel 1977, fece in modo che il movimento fosse guidato da una Commissione del Corpo Direttivo composta dai suoi discepoli più anziani. Inoltre, dopo la dipartita di Srila Prabhupada, i suoi stessi discepoli iniziarono ad accettare discepoli, portando avanti l'antico sistema della successione disciplica. Pertanto, ha toccato abbastanza persone che possono trasmettere questa conoscenza ad altri che questo movimento continuerà anche nel futuro.
Chi sono io?
Queste sono le domande secolari che ogni filosofo nel corso dei secoli ha cercato di comprendere e comprendere. Dopo tutto, come saprai cosa fare nella vita se non sai nemmeno chi o cosa sei? " Tuttavia, l'antica letteratura vedica dell'India ha fornito le risposte più chiare che sono state trovate ovunque per rispondere a queste domande. Ad esempio, il Mundaka Upanishad (3.1.9) spiega che l'essere vivente è l'anima e che: "L'anima è di dimensioni atomiche e può essere percepita dalla perfetta intelligenza. Questa anima atomica è situata nel cuore e diffonde la sua influenza su tutto il corpo delle entità viventi incorporate. Quando l'anima viene purificata dalla contaminazione dei cinque tipi di aria materiale, la sua influenza spirituale viene esibita.
"Il Chandogya Upanishad (6.11.3) afferma anche che sebbene il corpo avvizzisca e muoia quando il sé o l'anima lo abbandonano, il sé vivente non muore. Ulteriore illuminazione è data nello Srimad-Bhagavatam (7.2.22) in cui spiega che l'anima spirituale non ha morte ed è eterna ed inesauribile. È completamente diverso dal corpo materiale, ma per essere stato fuorviato dall'abuso della sua leggera indipendenza, è obbligato ad accettare corpi sottili e grossolani creati dall'energia materiale e quindi essere sottoposti alla cosiddetta felicità materiale e angoscia.La natura eterna del sé viene anche spiegata nella Bhagavad-gita dal Signore Sri Krishna, dove Egli dice specificamente che non c'è mai stato un tempo in cui Lui non esistesse, né alcuno degli esseri viventi, incluso te. L'anima incarnata passa continuamente dalla fanciullezza alla giovinezza fino alla vecchiaia in questo corpo. ">Ma per chi si è realizzato da solo, non c'è sconcerto in un simile cambiamento. Si spiega inoltre che dovremmo sapere che ciò che pervade l'intero corpo attraverso la coscienza è indistruttibile. Nessuno è in grado di distruggere l'anima imperitura. Solo il corpo materiale dell'eterno essere vivente è soggetto alla distruzione. Per l'anima non c'è mai nascita né morte. Non viene ucciso quando il corpo muore o viene ucciso. Come una persona indossa nuovi indumenti, rinunciando a quelli vecchi, allo stesso modo, l'anima accetta nuovi corpi materiali, rinunciando a quelli vecchi e inutili. Certamente questa conoscenza può alleviare chiunque dall'ansia che viene dal pensare che la nostra esistenza sia finita alla morte. Spiritualmente, non moriamo; tuttavia, il corpo viene utilizzato fino a quando non è più adatto per continuare. A quel tempo, potrebbe sembrare che moriamo, ma non è così. L'anima continua il suo viaggio verso un altro corpo secondo il suo destino.
Viene anche spiegata l'indistruttibilità dell'anima. L'anima individuale è infrangibile e insolubile, e non può essere né bruciata né secca. L'anima è eterna, immutabile e eternamente uguale. Sapendo questo, non dovremmo addolorarci per il corpo temporaneo. Quindi, il corpo si assottiglia e muore ma l'anima non muore: semplicemente cambia corpo. Pertanto, il corpo è come una camicia o un cappotto che indossiamo per qualche tempo, e quando è consumato, lo cambiamo per uno nuovo. Pertanto, la letteratura vedica, come la Chandogya Upanishad (8.1.1), menziona che la conoscenza del sé interiore è ciò che dovrebbe essere cercato e compreso da tutti. Realizzare la propria identità spirituale risolve i problemi e i misteri della vita. Più realizziamo la nostra identità spirituale, più vedremo che siamo oltre questi corpi materiali temporanei e che la nostra identità non è semplicemente un corpo bianco, o nero, o giallo, o grasso, magro, intelligente, stupido, vecchio , giovane, forte, debole, cieco, ecc. La cecità reale significa non essere in grado di vedere attraverso le condizioni corporee temporanee e superficiali e nella persona reale interiore. Vedere la realtà significa riconoscere la natura spirituale di tutti. Lo Srimad-Bhagavatam (11.28.35) spiega che l'anima è auto-luminosa, al di là della nascita e della morte, e illimitata dal tempo o dallo spazio e, quindi, oltre ogni cambiamento. Il Bhagavatam (11.22.50) sottolinea anche che come si assiste alla nascita e alla morte di un albero ed è separato da esso, allo stesso modo la testimonianza della nascita, della morte e delle varie attività del corpo è dentro ma separata da esso. La dimensione dell'anima è descritta anche nella Svetasvatara Upanishad (5.9): "Quando il punto superiore di un capello è diviso in cento parti e ancora ciascuna di tali parti è ulteriormente suddivisa in cento parti, ciascuna di tali parti è la misura della dimensione dell'anima spirituale. "Quindi considerando che il diametro di un tipico pelo è largo circa tre-millesimi di pollice, allora dividerlo in cento parti, e poi dividere una di quelle parti di nuovo in cento parti significa che sarebbe microscopico. E poiché è spirituale e non fatto di sostanza materiale, percepire la presenza dell'anima non è così facile. È invisibile alla nostra visione materiale. La Katha Upanishad riferisce che all'interno del corpo, più in alto dei sensi e degli oggetti dei sensi, esiste la mente. Più sottile della mente è l'intelligenza, e più alto e più sottile di quanto l'intelletto sia il sé. Quel sé è nascosto in tutti gli esseri e non brilla, ma è visto dai sottili veggenti attraverso il loro acuto intelletto. Da questo possiamo capire che all'interno del corpo fisico grossolano, composto da vari elementi materiali, come terra, aria, acqua, ecc., c'è anche il corpo sottile composto dai sottili elementi sottili della mente, dell'intelligenza e del falso ego. Le attività psichiche si svolgono all'interno del corpo sottile. È anche all'interno del corpo sottile in cui esistono i ricordi delle vite passate, per quanto profonde possano essere. Tuttavia, l'essere vivente ha la sua forma spirituale che è più profonda di questa sottigliezza, altrimenti non potrebbe aver ripetuto nascite. Una persona vede effettivamente il suo sé spirituale così come la presenza dell'Essere Supremo quando percepisce che sia il corpo grossolano sia quello sottile non hanno nulla a che fare con il puro sé spirituale interiore. Pertanto, si potrebbe chiedere che, poiché siamo separati dai corpi grossolani e sottili, perché ci identifichiamo così fortemente con il corpo materiale? Si spiega che sebbene il corpo materiale sia diverso dall'anima, è a causa dell'ignoranza dovuta all'associazione materiale che ci si identifica erroneamente con le condizioni corporee alte e basse. È ulteriormente elaborato che solo a causa della mente e dell'ego tale sperimentiamo felicità materiale e angoscia. Tuttavia, in realtà, l'anima spirituale è al di sopra di tale esistenza materiale e non può mai essere realmente influenzata dalla felicità materiale e dall'angoscia in qualsiasi circostanza. Una persona che percepisce veramente questo non ha nulla da temere dalla creazione materiale o dall'apparizione di nascite e morti. Così, può ottenere una vera pace. Il Chandogya Upanishad (8.1.5-6) continua a spiegare che il sé è libero dal peccato e dalla vecchiaia, dalla morte e dal dolore, dalla fame e dalla sete, dalla lamento e dalla tristezza e da tutte le forme corporee identificazione. Desidera solo ciò che dovrebbe desiderare e non immagina altro che ciò che dovrebbe immaginare. Chi si allontana da questa vita senza aver scoperto il sé e quei desideri veri o spirituali non ha libertà in tutti i mondi. Ma quelli che partono da qui dopo aver realizzato la propria vera identità spirituale e quelle inclinazioni spirituali hanno la libertà in tutti i mondi. Quindi, per riassumere, l'anima è una particella di coscienza e beatitudine nel suo stato purificato di essere. Non è materiale in alcun modo. È ciò che parte dal corpo al momento della morte e, nel corpo sottile, trasporta le sue impressioni, i desideri e le tendenze mentali, insieme ai risultati karmici delle sue attività da un corpo all'altro. Comprendere e percepire questo sé, che è la nostra autentica identità spirituale, è il vero obiettivo della vita. Tale realizzazione allevia uno di ulteriore esistenza materiale. Come è spiegato, coloro che hanno purificato la loro coscienza, sono stati assorbiti dalla conoscenza spirituale e hanno assolto ogni impurità nella mente, sono liberati dal karma che li libera da qualsiasi nascita futura. Sono liberi da altre nascite nel mondo materiale e vengono liberati nell'atmosfera spirituale. Come fare questo è il risultato finale dell'esistenza umana.
Da dove provengono le vostre Scritture?
Sebbene il movimento Hare Krishna sia stato fondato in Occidente solo nel 1966, le sue radici si estendono per migliaia di anni nel passato, nella tradizione vedica dell'India. I Veda erano originariamente una tradizione vocale, ma poi furono scritti in sanscrito più di 5000 anni fa. Il compilatore della letteratura vedica, Srila Vyasadeva, divise la conoscenza vedica in vari dipartimenti di conoscenza, materiale e spirituale, affidando ai suoi discepoli sezioni particolari. In questo modo, le scritture si sono sviluppate nei quattro Veda, nei Vedanta Sutra, nelle 108 Upanishad principali, nel grande Mahabharata che include la Bhagavad-gita e nei 18 Purana principali, tra gli altri testi. Dei Purana, il Bhagavata Purana o Srimad-Bhagavatam è descritto come il frutto più maturo di tutta la letteratura vedica. È accettato dalla tradizione vedica come la conclusione dei principi e della comprensione vedantica, e mette in relazione i passatempi e le caratteristiche del Signore Supremo. Il processo di sviluppo spirituale descritto nella letteratura vedica è un processo graduale di realizzazione di Dio e amore per Dio. Questa saggezza è stata attentamente preservata e tramandata attraverso i secoli attraverso il veicolo della successione di maestri autorealizzati. Questa antica saggezza spirituale viene ora nuovamente presentata in Occidente attraverso il Movimento Hare Krishna. Invitano persone di ogni tipo a visitare i loro templi, comunità e siti web e a partecipare in qualsiasi modo desiderino a questo sublime e facile processo di <em>bhakti-yoga</em> e Coscienza di Krishna. Ci sono anche molti libri che possono aiutare a comprendere come puoi iniziare questo processo spirituale.
Hare Krishna mantra, che cos'è?
Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare
Un mantra è una vibrazione sonora spirituale che purifica la coscienza e risveglia l'amore di Dio. Il canto del maha-mantra Hare Krishna - Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare - è raccomandato nella letteratura vedica come il metodo più facile per quest'epoca (il kali-yuga), per raggiungere la realizzazione spirituale. Krishna è il nome sanscrito di Dio che significa "CoLui che attrae tutti", e Rama è un altro nome per Dio che significa "riserva di ogni piacere". Hare si riferisce all'energia divina del Signore. Quindi il mantra Hare Krishna significa: "O onnipotente, onnipotente Signore, o energia del Signore, per favore impegnami nel Tuo servizio". Ci sono due modi per cantare questo mantra: canto di gruppo (kirtana) e canto individuale su corona (japa). Per entrambi i metodi non si applicano regole rigide e chiunque può recitare in qualsiasi momento.
Ascolta il commento di Srila Prabhpada
Karma, che cos'è?
Il karma è uno di quegli argomenti che molte persone conoscono poco, ma pochi ne comprendono le complessità. Per cominciare, la terza legge del moto di Newton afferma che per ogni azione c'è una reazione uguale e contraria. Sulla scala universale, questa è la legge del karma. La legge del karma afferma fondamentalmente che ogni azione ha una reazione e qualsiasi cosa tu faccia agli altri, in seguito, tornerà da te. Inoltre, l'ignoranza della legge non è una scusa. Siamo ancora responsabili per tutto ciò che facciamo, indipendentemente dal fatto che lo comprendiamo o meno. Pertanto, la cosa migliore è imparare come funziona. Se tutti capissero la legge del karma, vivremmo tutti una vita più felice in un mondo più luminoso. Perché? Perché potremmo sapere come regolare le nostre vite in modo da non subire le continue reazioni di ciò che abbiamo fatto a causa dei falsi obiettivi della vita. Secondo la letteratura vedica, il karma è la legge di causa ed effetto. Per ogni azione c'è una causa oltre che una reazione. Il karma viene prodotto eseguendo attività interessate allo sviluppo fisico o mentale. Si possono compiere attività pie che produrranno buone reazioni o un buon karma per il futuro divertimento. Oppure si può compiere egoismo o ciò che alcuni chiamano attività peccaminose che producono cattivo karma e sofferenza futura. Questo segue una persona ovunque vada in questa vita o in una vita futura. Tale karma, così come il tipo di coscienza che una persona sviluppa, stabilisce reazioni che è necessario sperimentare. La Svetashvatara Upanishad (5.12) spiega che l'essere vivente, l'anima jiva, acquisisce molti corpi fisici e sottili grossolani a causa delle azioni che compie, come è motivato dalle qualità materiali a cui ottiene. Questi corpi acquisiti continuano ad essere una fonte di illusione finché egli è ignorante della sua vera identità. Il Brihadaranyaka Upanishad (4.45) chiarisce ulteriormente che come l'atma o l'anima nei corpi grossolani e sottili agisce, così in tal modo ottiene condizioni diverse. Agendo santo diventa un santo e agendo immoralmente diventa soggetto alle conseguenze karmiche. In questo modo, acquisisce di conseguenza la pietà o il peso dell'empietà. Allo stesso modo, si afferma che come un uomo semina, così mieterà. Pertanto, mentre le persone vivono la loro vita presente, coltivano un particolare tipo di coscienza con i loro pensieri e attività, che possono essere buoni o cattivi. Questo crea il karma di una persona. Questo karma ci indirizzerà verso un corpo più appropriato per le reazioni che dobbiamo affrontare, o le lezioni che dobbiamo imparare. Quindi, la causa della nostra esistenza deriva dalle attività delle nostre vite precedenti. Poiché tutto è basato su una causa, è il karma di uno che determinerà la propria situazione, come razza, colore, sesso o area del mondo in cui uno apparirà, o se uno è nato in una famiglia ricca o povera, o essere sani o malsani, ecc. ecc. Grazie per aver letto Hare Krishna [learn_more caption = "Ulteriori informazioni"] Quindi, quando gli esseri viventi rinascono, ottengono un certo tipo di corpo che è più adatto al tipo di coscienza che hanno sviluppato. Pertanto, secondo il Padma Purana, ci sono 8.400.000 specie di vita, ognuna delle quali offre una particolare classe di corpo per qualsiasi tipo di desiderio e coscienza che l'essere vivente possa avere in questo mondo. In questo modo, l'essere vivente è il figlio del suo passato e il padre del suo futuro. Quindi, è attualmente influenzato dalle attività della sua vita precedente e crea la sua esistenza futura dalle azioni che compie in questa vita. Una persona si reincarnerà in varie forme di corpi che sono più adatti per la coscienza, i desideri e la dignità dell'essere vivente e per ciò che merita. Quindi l'essere vivente continua inevitabilmente in questo ciclo di nascita e morte e le conseguenze per le sue varie attività buone o cattive finché è materialmente motivato. Ciò che crea il karma buono o cattivo è anche la natura dell'intento dietro l'azione. Se si usano le cose egoisticamente o per rabbia, avidità, odio, vendetta, ecc., Allora la natura dell'atto è oscurità. Uno incorrerà in un cattivo karma che in seguito si manifesterà come un'inversione nella vita, eventi dolorosi, malattie o incidenti. Mentre le cose che sono fatte a beneficio degli altri, per gentilezza e amore, senza alcun pensiero di ritorno, o per adorare Dio, sono tutte azioni di bontà e pietà, che porteranno l'elevazione o la fortuna a voi. Tuttavia, se fai qualcosa di male che accade a causa di un incidente o di un errore, senza l'intenzione di arrecare alcun danno agli altri, il karma non è così pesante. Forse eri destinato a essere uno strumento nel karma di qualcun altro, che è anche tuo. Prenderà in considerazione la tua motivazione. Tuttavia, maggiore è l'intento o la consapevolezza di fare qualcosa di sbagliato, maggiore sarà il grado di reazione negativa che ci sarà. Quindi è tutto basato sull'intento che sta dietro l'azione. Tuttavia, dovremmo capire che, essenzialmente, il karma è per correggere una persona, non per una semplice retribuzione delle azioni passate. L'universo è basato su compassione. Ognuno ha certe lezioni e modi in cui deve svilupparsi, e la legge del karma in effetti la dirige in un modo per farlo. Nondimeno, non si è condannati a rimanere in questo ciclo di ripetute nascite e morti per sempre. C'è una via d'uscita. Nella forma umana si può acquisire la conoscenza della realizzazione spirituale e ottenere la liberazione dal karma e da ulteriori cicli di nascita e morte. Questo è considerato il risultato più importante che si possa ottenere nella vita. Questo è il motivo per cui ogni processo religioso nel mondo incoraggia le persone che vogliono la libertà dall'esistenza terrena a non desiderare attaccamenti materiali o piaceri sensuali che li legano a questo mondo, ma a lavorare verso ciò che può liberarli da ulteriori cicli di nascita e morte.Tutti il karma può essere negato quando si aspira veramente a comprendere o realizzare lo scopo superiore nella vita e nella verità spirituale. Quando si raggiunge quel punto, la sua vita può essere veramente spirituale che dà l'eterna libertà dal cambiamento. Cercando la Verità Assoluta o servendo Dio nel servizio devozionale, specialmente nel bhakti-yoga, una persona può raggiungere il punto in cui è completamente sollevato da tutti gli ostacoli o le responsabilità karmiche. Il Signore Krishna dice nella Bhagavad-gita (18.66): "Abbandona ogni varietà di religione e arrenditi a Me. Ti libererò da ogni reazione peccaminosa. Non temere ". Senza essere allenati in questa scienza spirituale, è molto difficile capire come l'essere vivente lascia il suo corpo o quale tipo di corpo otterrà in futuro, o perché ci sono varie specie di vita che accolgono tutte le persone gli innumerevoli livelli di coscienza delle entità viventi. Come riferito nella Bhagavad-gita, coloro che sono spiritualmente ignoranti non possono capire come un'entità vivente può lasciare il corpo al momento della morte, né possono capire quale tipo di corpo godrà sotto l'influenza dei modi di natura. Tuttavia, chi è stato addestrato alla conoscenza può percepirlo. Quindi, incoraggiamo tutti a comprendere la legge del karma in modo più completo e come si può impegnarsi nel servizio di devozione del Signore per liberarsi da ogni karma buono o cattivo e sviluppare una coscienza puramente spiritualizzata. Questa è vera libertà e liberazione da tutti i limiti materiali attraverso i quali si può raggiungere lo strato spirituale.
Qual è lo scopo della vita?
Gli esseri viventi sono anime spirituali. Come tali, siamo parte integrante dell'assoluto supremo, Sri Krishna. Lo scopo della nostra vita è stabilire la connessione perduta con la Persona Suprema - Sri Krishna. Tutti noi stiamo cercando l'amore. Tuttavia, stiamo cercando di trovare il cosiddetto amore in questo mondo materiale - un mondo che è pieno di avidità, invidia, lussuria, rabbia, falso ego, illusione. Questo mondo materiale è pieno di tristezza e miseria. È' un mondo temporaneo. Si può venire sommersi da problemi in qualsiasi momento. Quindi i nostri tentativi di trovare la vera felicità in questo mondo materiale invariabilmente finiscono con la frustrazione. La vera felicità può essere trovata quando risvegliamo l'amore dormiente o la coscienza di Krishna. La vita umana è una possibilità per noi di ristabilire questa relazione. La coscienza di Krishna si ottiene pensando sempre a Lui, cantando il Suo santo nome, servendoLo, servendo i Suoi devoti e diffondendo le glorie del santo nome. Quindi, quando siamo impegnati nella coscienza di Krishna, sperimentiamo il più alto amore trascendentale: l'amore per Krishna, la Suprema personalità di Dio o prema bhakti. Raggiungere la prema bhakti è l'obiettivo della vita. Una vita di eternità, conoscenza e beatitudine!
Reinarnazione, che cos'è?
La reincarnazione è chiamata samsara nei classici testi vedici dell'India. La parola samsara è sanscrito e significa essere legati al ciclo di ripetute nascite e morti attraverso numerose vite. Il modo in cui funziona è che coloro che sono condizionati materialmente trasmigrano attraverso corpi diversi in base ai propri desideri e attività (o karma) passate e familiarità. I loro desideri, se materialmente motivati, richiedono un corpo fisico per consentire loro di continuare a elaborare i loro desideri materiali in varie condizioni di vita. Generalmente, nelle tradizioni orientali si considera che tutte le forme di vita o di specie hanno un'anima, che è l'entità che si reincarna. Prima di quando un'entità è pronta a incarnarsi come essere umano sulla Terra, l'anima può aver attraversato un'intera serie di vite per sperimentare vari livelli di esistenza e di coscienza. Il principio è che un'entità può effettivamente progredire attraverso le diverse specie di vita, gradualmente salendo fino a raggiungere la forma umana. Certo, il corpo è solo la copertura dell'anima in cui appare. L'essere vivente si muoverà continuamente verso l'alto nei suoi cicli di reincarnazione finché non avrà sperimentato tutte le principali varietà di esistenze che il regno materiale ha da offrire. In questo modo l'essere vivente è pienamente esperto nell'elaborare desideri o desideri materiali in tutti i tipi di forme quando raggiunge il livello umano. Naturalmente, non tutti gli esseri potrebbero dover affrontare tutto questo. Come funziona la reincarnazione è descritto più dettagliatamente nei testi vedici dell'India. La Bhagavad-gita (8.6) spiega che qualunque stato di coscienza si raggiunge quando lui o lei abbandona questo corpo, uno stato simile sarà raggiunto nella prossima vita. Ciò significa che dopo che la persona ha vissuto la sua vita, le numerose attività variegate della persona formano una coscienza aggregata. Tutti i nostri pensieri e azioni nella nostra vita influenzeranno collettivamente lo stato di essere in cui siamo al momento della morte. Questa coscienza determinerà a cosa sta pensando quella persona alla fine della propria vita. Quest'ultimo pensiero e coscienza dirigeranno quindi dove quella persona molto probabilmente andrà nella prossima vita perché questo stato di essere passa da questa vita alla successiva. Come viene ulteriormente spiegato, l'entità vivente nel mondo materiale trasporta i diversi livelli di coscienza da un corpo all'altro nello stesso modo in cui l'aria porta aromi. In altre parole, non possiamo vedere gli aromi trasportati dall'aria, ma può essere percepito dal senso dell'olfatto. In modo simile, non possiamo vedere i tipi di coscienza che l'essere vivente si è sviluppato, ma è trasportato da questo corpo al momento della morte e procede verso un altro corpo nella prossima vita per riprendere da dove era stato interrotto dal precedente esistenza. Naturalmente, la prossima vita potrebbe essere in un altro corpo fisico o in un corpo sottile tra le nascite, o anche negli stati d'essere celesti o infernali. Dopo la morte, si continua la coscienza che è stata coltivata durante la vita. Sono i nostri modelli di pensiero che costruiscono la coscienza, che poi ci indirizza verso l'esperienza richiesta dopo la morte. Il proprio stato di coscienza o concezione della vita esiste nel corpo sottile, che consiste nella mente, nell'intelligenza e nel falso ego. L'anima è coperta da questo corpo sottile, che esiste all'interno della forma materiale grossolana. Quando il veicolo fisico non può più funzionare, il corpo e l'anima sottili ne sono costretti a uscire. Poi, quando è il momento giusto, sono collocati in un'altra struttura fisica che adatta adeguatamente lo stato della mente dell'entità vivente. È così che lo stato mentale che attira l'uomo morente determina come inizia la sua prossima vita. Se il morente è assorto in pensieri di guadagno materiale o di piaceri sensuali di moglie, famiglia, parenti, casa, ecc., Allora deve, a un certo punto, ottenere un altro corpo materiale per continuare a perseguire i suoi interessi mondani. Dopo tutto, come si può soddisfare i suoi desideri materiali senza un corpo materiale? Per questo motivo, è meglio che una persona coltivi sempre attività pie e pensieri spirituali per aiutarlo a entrare in una vita migliore dopo la morte. Se una persona ha provato a tagliare i nodi dell'attaccamento alla vita materialistica e si è impegnata in attività spirituali, al grado di avanzamento che la persona ha fatto, lui o lei può andare in un regno celeste dopo la morte, o persino raggiungere il regno di Dio . In ogni caso, possiamo cominciare a capire che morire nella coscienza giusta per liberarsi dal ciclo di nascita e morte è un'arte che richiede pratica. Dobbiamo prepararci per il momento della morte in modo da non essere presi alla sprovvista o in uno stato mentale inadatto. Questo è uno degli scopi dello yoga. Dopo quello che può essere milioni di nascite e morti attraverso molte forme di vita, cercando di soddisfare tutti i desideri materiali, l'anima può cominciare a stancarsi di questi continui tentativi di felicità che spesso si rivelano così temporanei. Allora la persona può tuper trovare un significato spirituale nella vita. Nella ricerca del significato più alto, a seconda del livello di coscienza che una persona sviluppa, lui o lei può gradualmente entrare in livelli sempre più alti di sviluppo. Infine, se una persona scopre che in realtà non è questo corpo ma un essere spirituale al suo interno, e raggiunge un livello spirituale di coscienza, può perfezionare la sua vita in modo che entri negli strati spirituali e non debba più incarnarsi nel fisico mondo. Quindi, la liberazione è raggiunta attraverso la realizzazione del Sé e lo sviluppo del servizio di devozione a Dio, che è la perfezione del sentiero spirituale. Attraverso l'esistenza umana sulla Terra, è possibile accedere a molti altri piani di esistenza, incluso l'ingresso nel mondo spirituale. Dipende solo da come usiamo questa vita. L'idea che una persona abbia una sola vita per diventare qualificata per entrare in paradiso o per entrare nella dannazione eterna non offre all'anima alcun mezzo per la riabilitazione e solo una infinita sofferenza. Questo non è ragionevole. La dottrina della reincarnazione offre a chiunque ampie possibilità di correggere e rieducarsi nelle future nascite. Un'eternità all'inferno significa che un effetto infinito è prodotto da una causa finita, che è illogica. Dio non ha creato gli uomini per diventare niente più che un combustibile duraturo per nutrire i fuochi dell'inferno. Un tale scopo nella sua creazione non proviene da un Dio sempre amorevole, ma deriva dalle idee difettose dell'uomo e dalle sue concezioni imperfette di Dio. Dopo tutto, quanti uomini senza macchia potevano esserci in questo mondo? Chi ha un personaggio così puro da ricevere un passaggio immediato in paradiso? La Bhagavad-gita spiega che anche il peggiore peccatore può attraversare l'oceano della nascita e della morte salendo la barca della conoscenza trascendentale. Dobbiamo semplicemente essere sinceri nel raggiungere quella barca. Inoltre, una persona raccoglie i risultati delle sue azioni peccaminose per un periodo di tempo limitato. Dopo essere stato purgato dai propri peccati, cioè soffrendo le reazioni dolorose delle proprie cattive attività, una persona, sapendo il bene dal male, può avere una nuova possibilità di lavorare liberamente per la sua emancipazione da un ulteriore intreccio nella vita materiale. Quando merita e ottiene tale libertà, l'anima può godere della felicità perfetta ed eterna nella sua unione devozionale con l'Essere Supremo. Questo è il motivo per cui è sempre incoraggiato uno a cercare la conoscenza spirituale e la pratica dell'illuminazione. Sviluppando devozione sincera e purificata per il Signore, non ci si deve preoccupare della propria futura nascita. Una volta che una persona ha iniziato questo percorso di devozione, ogni vita si avvicina alla perfezione spirituale, in qualunque situazione si trovi. Così una persona è incoraggiata a pentirsi dei propri peccati o delle cattive scelte che sono state fatte sotto l'influenza di lussuria, rabbia o avidità e coltivare il perdono, la purezza e la generosità. Una persona dovrebbe anche impegnarsi in carità, penitenza, meditazione, japa (canto personale dei santi nomi del Signore), kirtan (canto congregazionale dei santi nomi del Signore) e altre pratiche spirituali, che distruggono tutti i peccati e rimuovono tutti i dubbi sulla conoscenza spirituale . Quindi attraverso la pratica costante si può raggiungere gradualmente il mondo spirituale ed essere liberi da ogni ulteriore entanglement nella reincarnazione.
Vegetariani, perché essere o diventare?
Sul sentiero spirituale, ci sono diversi motivi per cui una persona è raccomandata per essere vegetariana. Una ragione principale è che abbiamo bisogno di vedere la natura spirituale all'interno di tutti gli esseri viventi, e ciò include anche gli animali e le altre creature. Fratellanza universale significa nonviolenza sia agli umani che agli animali. Consiste nel comprendere che anche gli animali hanno un'anima. Sono vivi, coscienti e provano dolore. E queste sono le indicazioni della presenza della coscienza, che è il sintomo dell'anima. Persino la Bibbia (Genesi 1,21; 1,24; 1,30; 2,7; e in molti altri luoghi) si riferisce sia agli animali che alle persone come nefesh chayah, anime viventi. Coloro che mangiano carne, tuttavia, a causa del loro desiderio di mangiare animali o di vederli come una fonte di cibo per lo stomaco, non sono così facilmente in grado di comprendere la natura spirituale di tutti gli esseri. Dopo tutto, se sai che tutte le entità viventi sono essenzialmente spirituali e che tutti gli esseri viventi che sono coscienti mostrano i sintomi dell'anima interiore, allora come puoi ucciderli inutilmente? Ogni creatura vivente è anche la stessa di cui siamo nel rispetto che è anche figlia dello stesso padre, una parte dello stesso Essere Supremo. Pertanto, l'uccisione di animali mostra una grande mancanza di consapevolezza spirituale. Molte parti della letteratura Vedica descrivono come l'Essere Supremo sia il mantenitore di innumerevoli entità viventi, gli umani così come gli animali, ed è vivo nel cuore di ogni essere vivente. Solo quelli con coscienza spirituale possono vedere lo stesso Essere Supremo nella Sua espansione come Anima Suprema all'interno di ogni creatura. Essere gentili e spirituali verso gli umani e essere un assassino o un nemico verso gli animali non è una filosofia equilibrata, e mostra la propria ignoranza spirituale. La prossima ragione per essere vegetariani è considerare la quantità di paura e sofferenza che gli animali provano nel settore della macellazione. Ci sono innumerevoli storie di come nella paura le mucche piangono, urlano e talvolta cadono morte mentre sono dentro o anche prima che vengano portate nel macello. O come le vene dei maiali morti sono così grandi da mostrare che sono praticamente esplose dalla paura che il maiale ha provato e dall'adrenalina prodotta mentre veniva portata al macello. Ciò causa certamente un'immensa quantità di violenza per permeare l'atmosfera, che si spegne e ricade su di noi in una qualche forma. Inoltre, l'adrenalina e la paura nell'animale producono anche tossine che poi permeano il corpo di questi animali, che ingeriscono i mangiatori di carne. Le persone che consumano queste cose non possono fare a meno di esserne influenzate. Causa tensioni all'interno di loro individualmente, che poi si diffonde nelle loro relazioni con gli altri. L'antico testo Vedico della Manu-samhita (5,45-8) dice: "Chi ferisce gli esseri infetti dal desiderio di darsi piacere non trova mai la felicità, né vivente né morta. Colui che non cerca di causare la sofferenza dei legami e della morte alle creature viventi, ma desidera il bene di tutti gli esseri, ottiene una felicità infinita. . . La carne non può mai essere ottenuta senza danni alle creature viventi, e la ferita agli esseri senzienti è dannosa per il conseguimento della beatitudine celeste; Lascialo quindi evitare l'uso della carne. " La Bibbia (Romani 14,21) dice anche: "Non è né buono mangiare carne né bere vino". Un altro comandamento biblico (Esodo 23.5) ci istruisce ad aiutare gli animali nel dolore, anche se appartengono a un nemico. Anche le scritture buddhiste (Sutta-Nipata 393) consigliano: "Non distruggere o far distrarre alcuna vita o sanzionare le azioni di coloro che lo fanno. Lascia che si astenga dal ferire persino qualsiasi creatura, sia quelle forti che quelle che tremano nel mondo. "Si dice anche nelle scritture buddiste, il Sutra Mahaparinirvana," Il mangiare carne estingue il seme della grande compassione ".Per gli ebrei, il Talmud (Avodah Zorah 18B) vieta l'associazione con i cacciatori, per non parlare della caccia. Nel Nuovo Testamento Gesù preferì la misericordia al sacrificio (Matteo 9.13, 12.7) e si oppose all'acquisto e alla vendita di animali per il sacrificio (Matteo 21,12-14, Marco 11,15, Giovanni 2,14-15). Una delle missioni di Gesù era di eliminare il sacrificio animale e la crudeltà verso gli animali (Ebrei 10.5-10). Troviamo specialmente in Isaia dove Gesù disprezza il massacro e lo spargimento di sangue di uomini e animali. Dichiara (1,15) che Dio non ascolta le preghiere degli assassini animali: "Ma le tue iniquità hanno separato te e il tuo Dio. E i tuoi peccati ti hanno nascosto la sua faccia, così che Lui non ascolti. Perché le tue mani sono macchiate di sangue. . . I loro piedi corrono verso il male e si affrettano a versare sangue innocente. . . non conoscono le vie della pace ". Isaia si lamenta anche di aver visto," Gioia e allegrezza, macellazione di bestiame e uccisione di pecore, consumo di carne e consumo di vino, come pensavi, 'mangiamo e beviamo, per domani noi moriamo. '"(22.13) È anche stabilito nella Bibbia (Isaia 66,3): "Chi uccide un bue è come se uccidesse un uomo". A questo proposito San Basilio (320-379 d.C.) insegnava: "Il vapore della carne daruccide la luce dello spirito. Difficilmente si può avere virtù se si gustano pasti a base di carne e di carne. "Quindi dovremmo trovare alternative all'uccidere gli animali per soddisfare i nostri appetiti, specialmente quando ci sono molti altri cibi sani disponibili. Altrimenti, devono esserci reazioni a tale violenza. Non possiamo aspettarci la pace nel mondo se continuiamo a uccidere inutilmente tanti milioni di animali per il consumo di carne o per abuso. Il terzo fattore per essere vegetariani è il karma. Come afferma la seconda legge della termodinamica, per ogni azione deve esserci una reazione uguale e contraria. Sulla scala universale questa è chiamata la legge del karma, il che significa che ciò che gira intorno viene fuori. Questo riguarda ogni individuo, così come le comunità e i paesi. Come la nazione semina, così raccoglierà. Questo è qualcosa che dovremmo prendere molto seriamente, specialmente nel nostro tentativo di portare pace, armonia e unità nel mondo. Se tanta violenza viene prodotta dall'uccisione di animali, dove pensi che le reazioni a questa violenza vadano? Ci torna in tanti modi, come la forma del crimine di quartiere e della comunità e le guerre mondiali. La violenza genera violenza. Pertanto, questo proseguirà a meno che non sappiamo come cambiare.Isaac Bashevis Singer, che ha vinto il Premio Nobel per la letteratura, ha chiesto: "Come possiamo pregare Dio con misericordia se noi stessi non abbiamo pietà? Come possiamo parlare di diritti e giustizia se prendiamo una creatura innocente e versiamo il suo sangue? "Continuò dicendo:" Personalmente credo che finché gli esseri umani verseranno il sangue degli animali, non ci sarà mai alcuna pace . "In conclusione, possiamo citare il numero del 10 marzo 1966 de L'Osservatore della Domenica, il settimanale vaticano, in cui mons. Ferdinando Lambruschini ha scritto: "La condotta dell'uomo nei confronti degli animali dovrebbe essere regolata dalla giusta ragione, che proibisce di infliggere loro dolore e sofferenza senza scopo. Maltrattarli e farli soffrire senza ragione è un atto di deplorevole crudeltà da condannare da un punto di vista cristiano. Farli soffrire per il proprio piacere è un'esibizione di sadismo che ogni moralista deve denunciare. "Mangiare gli animali per il piacere della propria lingua quando ci sono molti altri cibi disponibili certamente si adatta a questa forma di sadismo. È ovvio che questo è controproducente per ogni pace, unità o progresso spirituale che desideriamo fare. È una delle cose che dobbiamo considerare seriamente se vogliamo migliorare noi stessi o il mondo. Quindi ecco alcuni motivi per cui una persona sinceramente spirituale sceglierà di essere vegetariana.
VALORE VEGETARIANO
Nel processo di bhakti-yoga, la devozione va oltre il semplice vegetarianismo e il cibo diventa un mezzo per il progresso spirituale. Nella Bhagavad-gita, il Signore Krishna dice: "Tutto ciò che fai, tutto ciò che mangi, tutto ciò che offri e reggi, così come tutte le austerità che puoi compiere, dovrebbero essere fatte come offerta a Me". ciò che mangiamo al Signore è parte integrante del bhakti-yoga e rende il cibo benedetto con potenze spirituali. Allora tale cibo è chiamato prasadam, o la misericordia del Signore. Il Signore descrive anche ciò che accetta come offerta: "Se uno mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore, un frutto o acqua, lo accetterò". Così , possiamo vedere che il Signore accetta frutta, cereali e cibi vegetariani. Il Signore non accetta cibi come carne, pesce o uova, ma solo quelli che sono puri e naturalmente disponibili senza danneggiare gli altri. Quindi sul sentiero spirituale mangiare cibo che viene offerto a Dio è la perfezione ultima di una dieta vegetariana. La letteratura Vedica spiega che lo scopo della vita umana è risvegliare la relazione originale dell'anima con Dio, e accettare il prasadam è il modo per aiutarci a raggiungere questo obiettivo.