Kirtan Yoga
Il kirtana-yoga e il
MAHA-MANTRA
Il kirtana è un modo semplice ed efficace per comunicare con Dio
di Satyaraja Dasa
La parola kirtana significa “lode” o “gloria” ed è il nome usato per glorificare Dio col canto, in modo particolare nello stile del “chiama e rispondi” (un devoto canta da solista e gli altri ripetono in coro). Ci sono diversi tipi di kirtana. Per esempio, il nama-kirtana è riferito al canto dei sacri nomi di Dio, il lila-kirtana celebra le attività trascendentali di Dio e dei Suoi compagni, il sankirtana è il canto eseguito in gruppo e il nagarasankirtana è il canto pubblico nelle strade. Di questi ci sono numerose variazioni. Il bhajana o preghiera cantata è strettamente collegato. In genere i devoti che fanno il kirtana stanno in piedi o danzano e si siedono per guidare il bhajana. Inoltre il bhajana è più sommesso del kirtana. Diversi gruppi religiosi in varie regioni dell’India chiamano con nomi differenti le diverse forme di preghiera cantata, definendo a volte il bhajana come una sottocategoria del kirtana e viceversa. Il kirtana è un modo semplice ed efficace per comunicare con Dio. Il Padma Purana ci dice: “Poiché il santo nome di Krishna e Krishna Stesso non sono differenti, il nome è completo, puro ed eternamente liberato.” Nel mondo materiale tutto è relativo e una cosa è diversa dal suo nome, ma nel mondo spirituale una cosa e il suo nome sono tutt’uno. Questa è la natura dell’Assoluto. Le conseguenze sono di grandissima importanza.
Se Dio e il Suo nome sono la stessa cosa, una persona cantando si avvicina a Lui in ogni senso della parola. Colui che canta è vicino a Dio perché il nome di Dio è sulle sue labbra; colui che canta viene purificato da questa intima unione e diventa divino, pulito, divinamente ispirato — divenendo così più vicino alla natura di Dio; e colui che canta si avvicina a Dio grazie all’intimità dell’invocare il Suo nome con amore e devozione ed ottiene il risultato dello yoga ossia unione con Lui. L’unione d’amore con Dio è l’effetto principale del kirtana, ma il kirtana non ci chiede di raggiungere subito il livello più alto. Piuttosto ci porta rispettosamente e con gradualità a quel livello, a volte anche senza la nostra collaborazione. Il kirtana è gioioso a qualsiasi livello e ci conduce a realizzazioni spirituali sempre più elevate. Esso ci trasporta con gradualità oltre i livelli fisici, mentali e intellettuali per collocarci nella trascendenza. Pertanto sia che ci avviciniamo al canto come a un semplice divertimento, sia come a un evento eccezionale, sia come a una parte di un programma di yoga o come a un metodo per avvicinarsi a Dio, traiamo vantaggio da questa pratica e ci eleviamo verso il Supremo.
Le Origini Del Kirtana
Secondo i saggi dell’India il kirtana trascende la storia: è “importato dal regno spirituale”, dove Dio viene glorificato con canti e danze gioiose. Quando il kirtana arriva nel mondo materiale lo ritroviamo nelle più antiche culture e civiltà umane. Per esempio i Veda e le Upanisad, che sono tra i testi più antichi del mondo, descrivono dettagliatamente la potenza del suono dimostrando che alcuni mantra, se recitati in modo opportuno, rivelano la Realtà Suprema. Il kirtana, dunque, rivendica sia un’origine divina sia una storia rintracciabile nelle più antiche Scritture del mondo. Il Vaisnavismo, la cui principale manifestazione odierna in Occidente è nota come movimento Hare Krishna, ha fatto del kirtana una pratica metodica, ovvero una scienza che porta al risultato finale dello yoga. Con l’aiuto di Scritture Vaisnava come lo Srimad-Bhagavatam e la Bhagavad-gita gli adepti sono giunti a comprendere il canto come una disciplina altamente tecnica — anche se gioiosa — con cui possono aspettarsi risultati definitivi nel percorso spirituale. Le Scritture affermano che in ogni era del mondo c’è un metodo specifico particolarmente adatto per la realizzazione di Dio: nel Satya-yuga, milioni di anni fa, si otteneva l’Assoluto attraverso una profonda meditazione, nel Treta-yuga per mezzo di grandiosi sacrifici, nello Dvapara-yuga con l’adorazione della Divinità e nell’attuale era di Kali attraverso il canto del santo nome del Signore.
Anche gli esseri celesti citati nella letteratura vedica desiderano partecipare a questa celebrazione del suono sacro. Sri Visnu, per esempio, soffia nella Sua conchiglia per evocare il risveglio spirituale e nella Sua forma originale di Krishna affascina tutti gli esseri viventi con il suono morbido come la seta del Suo flauto. Siva suona il suo tamburo terrificante durante la danza della distruzione cosmica. La dea Sarasvati viene sempre rappresentata con in mano una vina, uno strumento a corde. Ella è la patrona divina della musica e benedice tutti coloro che studiano la musica che ha per centro Dio. Brahma, marito di Sarasvati, crea la scale musicali usando i mantra del Sama Veda e canta l’om per creare l’universo. L’idea che l’esistenza materiale venga generata per mezzo del suono si ritrova nella Bibbia: “In principio era il Verbo.” (Giovanni 1:1) Un testo vedico afferma: “Dalla parola divina si manifestò l’universo:” (Brihadaranyaka Upanisad 1.2.4) I testi vedici ci dicono che il suono non solo stimola lo sviluppo della creazione cosmica, ma gioca anche un ruolo fondamentale nel conseguimento del traguardo supremo dell’uomo: “La liberazione attraverso il suono,” dice il Vedanta-sutra (4.4.22). Perciò: kirtana.
Una Pratica Vaisnava Essenziale
Il kirtana è la pratica centrale dei Vaisnava, ha la sua origine nei tempi antichi ed è stato rivelato dai Veda. Sebbene la bhakti (“devozione”) sia eterna, apparve solo nel sesto secolo dell’era cristiana come il cuore di un vivace movimento religioso con potenti yogi ed attraenti poeti cantanti che trasformarono il Paese. Trasmisero le verità non solo in sanscrito, derivandole dai Veda originali, ma anche in alcune lingue popolari, facendo pieno uso di nuove composizioni e di canti contemporanei. I più attivi furono i Saivite Nayanar e gli Alvar Vaisnava, la cui poesia devozionale potrebbe essere vista come l’inizio dello sviluppo del kirtana moderno. Un movimento della bhakti fiorì rigogliosamente mettendo in particolare rilievo il cuore, l’essenza, anziché le ritualità e i rigidi cerimoniali. La letteratura della bhakti e il canto devozionale si diffusero rapidamente, favorendo la crescente ondata di ricercatori e di adepti spirituali che inondò la regione. Il risultato fu che nel sud dell’India nacquero quattro principali successioni di maestri, consentendo alla conoscenza originale di espandersi verso nord ed infine in tutto il mondo. Questo avvenne per mezzo di commentari e spiegazioni, di pratica e di rivelazione.
Le quattro successioni hanno un debito di gratitudine verso i seguenti saggi: Ramanuja (1017-1137) della Sri Sampradaya; Nimbarka (circa 1130-1200) della Kumara Sampradaya, Madhva (1238-1317) che apparve nella Brahma Sampradaya e Visnu Svami (date non note), che restituì vigore alla Rudra Sampradaya, in seguito riformulata da Vallabhacarya (1479-1545) come Pusti Marga. Da queste quattro tradizioni fondamentali nacquero molte ramificazioni, sottoramificazioni e tradizioni diverse. Il kirtana ha il massimo significato nella linea di Sri Caitanya Mahaprabhu (1486-1533). La Sua Gaudiya Sampradaya, una derivazione della successione Brahma Madhva ispirò tutta l’India con canti e danze estatiche, facendo risaltare la scienza del kirtana come mai prima di allora. Il movimento Hare Krishna proviene dalla linea di Sri Caitanya. Da direzioni diverse vennero sofisticate poesie d’amore, una teologia sistematica e nuove rivelazioni. La principale tra queste fu forse la Gita-Govinda, opera in sanscrito del dodicesimo secolo di Jayadeva che tratta dell’amore tra Radha e Krishna. Tra gli altri importanti poeti e cantanti della bhakti sono compresi Sura Dasa, Tulasi Dasa, Tukarama, Namadeva, Mirabai, Vidyapati, Candidasa, Svami Haridasa, Narottama e Bhaktivinoda Thakura. Innumerevoli altri hanno scritto canti devozionali su Radha e Krishna che parlano dell’amore divino presente nel mondo spirituale. Coloro che praticano il kirtana oggi saranno sempre debitori nei confronti di queste persone.
Il Maha-Mantra
Il maha-mantra Hare Krishna — Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare, Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare — è conosciuto come il più grande (maha) di tutti i mantra perché contiene la potenza di tutti gli altri suoni spirituali. Cantare il maha-mantra è quindi la forma più popolare ed efficace di kirtana. Il maha-mantra è ritenuto anche il canto più elevato perché, a differenza degli altri mantra, ha l’unico scopo di servire Dio. Mentre in generale colui che canta gli altri mantra desidera qualche ricompensa materiale — la salute, il pane quotidiano, la protezione delle persone care — colui che canta il maha-mantra chiede soltanto di essere usato come strumento di Dio, di servirLo con amore e devozione senza aspettarsi niente in cambio. Srila Prabhupada ci ha dato questa traduzione: “O Signore, O energia del Signore, per favore impegnatemi nel Vostro servizio divino.” Poiché il maha-mantra contiene soltanto nomi di Dio, come si arriva a questa traduzione? È semplice. I nomi che compongono il mantra sono al vocativo, che viene usato quando si supplica o s’invoca qualcuno. Perciò Hare significa “O Radha,” in quanto Hare è la forma vocativa di Hara, un nome di Radha, che impersona la devozione per Krishna. Poiché Rama è un nome di Krishna, il maha-mantra è una richiesta sincera a Radha-Krishna. Colui che canta il maha-mantra che cosa chiede a Radha-Krishna? Soltanto il privilegio di servirLi con amore puro.
Un Significato Più Profondo
Il maha-mantra è una preghiera di grande profondità che va dalla semplice glorificazione del Signore all’urgente richiesta: “Per favore impegnaMi al Tuo servizio.” E tuttavia essa va anche oltre. I grandi acarya, maestri puri che hanno trasmesso il mantra attraverso la linea di successione lo spiegano in vari modi approfonditi. Per esempio Dhyanacandra Gosvami, un compagno di Sri Caitanya, dà la seguente spiegazione: “Hare Krishna, Hare Krishna — le prime quattro parole del mantra — si riferiscono all’unione di Radha e Krishna che celebrano insieme il Loro amore (sambhoga bhava). “Krishna, Krishna,” indica la loro separazione (vipralamba bhava). Radharani invoca: “Krishna! Krishna! Dov’è il Mio Krishna? O, per favore, ditemelo, dov’è il Mio Krishna?” Con le due parole successive anche Krishna grida: “Hare! Hare! Dov’è la Mia Radharani!” Nella prima metà del mantra dunque si trovano i sentimenti di unione e di nostalgia — emozioni spirituali che portano ad un’intensa realizzazione e soddisfazione.
Nella seconda metà del mantra le stesse emozioni crescono e s’intensificano. Krishna viene chiamato Rama perché è la sorgente di ogni piacere (rama). Viene chiamato anche Radha-Ramana, la gioia di Radha. “Hare Rama, Hare Rama,” significa che Krishna va in estasi in compagnia della Sua amata Radharani. Gli amanti divini, Radha e Krishna, sono di nuovo insieme immersi nell’oceano di piacere solo per il fatto di essere nuovamente insieme. Poi però: “Rama Rama.” Sono di nuovo separati: Radha grida: “Dov’è l’estasi che provavo con Krishna? Dov’è Lui?” Per due volte invoca il Suo nome: “Rama! Rama!” E anch’Egli grida: “Hare! Hare! Dov’è l’estasi che provavo con Radharani? Dov’è la Mia amata?” In tutte e due le metà del mantra c’è dunque unione e separazione, e quando si fa avanzamento spirituale, impegnandosi nel kirtana, si possono apprezzare sempre di più queste emozioni.
Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un editore associato. Ha scritto più di venti libri sulla coscienza di Krishna e vive a New York City.