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13 APRILE 2024 - Apparizione

ramanujacarya

Sri Ramanujacarya

Ramanuja nacque in India nel 1017 A.D. quando, secondo i calcoli astrologici, il sole era nel segno del Cancro. I suoi genitori erano Asuri Keshava e Kantimani, entrambi provenienti da famiglie aristocratiche. Ramanuja passò la sua infanzia a Shriperumbudur, il villaggio dove nacque. All’età di 16 anni si sposò con Rakshakambal.

Dopo soli quattro anni dal suo matrimonio, il padre di Ramanja fu colpito da una grave malattia e morì. Alla morte del padre, Ramanuja divenne il capofamiglia e decise di andare a vivere a Kanchi, una città sacra famosa per gli eruditi e per i magnifici templi.

A Kanchi viveva un famoso studioso di nome Yadava Prakash, che era noto per la sua erudizione nella dottrina della advaita-vedanta, il non dualismo. Nessuno era in grado di superare Yadava nell’abilità di spiegare i commenti di Shankara sul Vedanta-sutra. Ramanuja si iscrisse alla scuola di Yadava e si impegnò nello studio del sanscrito e della letteratura vedica. Anche se non era del tutto convinto dalla dottrina di Shankara, Ramanuja imparò le sue lezioni e presto divenne uno degli studenti preferiti di Yadava. Pensando che Ramanuja fosse un seguace sincero delle conclusioni di Shankara, Yadava mostrò a Ramanuja un affetto particolare, ma quell’affetto non sarebbe durato molto.

Un giorno, dopo aver tenuto un discorso sulla Chandogya Upanisad, Yadava chiese a Ramanuja di massaggiare il suo corpo con dell’olio (questo era un servizio che solitamente lo studente prestava a quei tempi al suo maestro). Mentre massaggiava il suo insegnante, un altro studente si presentò a Yadava per alcuni chiarimenti circa un punto del discorso mattutino. Il ragazzo non aveva afferrato il significato del settimo verso del primo capitolo, che iniziava con tasya vatha kapvasam pundarikam evam akshini. Yadava iniziò a esporre la sua interpretazione che descriveva le sublimi qualità del Signore in un modo palesemente discutibile. All’udire le parole del suo insegnante, il cuore di Ramnuja, che era pieno di amore per il Signore Supremo, si rattristò e calde lacrime scesero giù dai suoi occhi cadendo sulla coscia di Yadava. Al tocco di quelle calde lacrime Yadava volse il suo sguardo verso Ramanuja e capì che qualcosa lo stava preoccuppando. Quando interrogò Ramanuja per sapere cosa lo affliggesse, Ramanuja rispose: “O grande e saggio maestro, il mio cuore ha provato grande sofferenza nel sentire tale indecorosa spiegazione da un’anima nobile come te. Quanto è peccaminoso per voi svilire il Signore Supremo, che è dotato di tutte le gentili qualità ed è la fonte di tutte le cose belle nel mondo. Non mi sarei mai aspettato di sentire un’interpretazione così scarsa e indecente dalla bocca di un uomo così istruito!”  

Yadava si arrabbiò così tanto che con difficoltà riuscì a controllarsi. Disse con disprezzo: “Bene, magari vorresti dare la tua personale interpretazione poiché ovviamente pensi di saperne più di me!”

Ramanuja rispose con una voce molto gentile, “Reverendo signore, non c’è bisogno di dare una interpretazione di scarsa intelligenza a un verso dove il reale significato è diretto e glorioso”.

“Allora sentiamo questo tuo significato che è così glorioso!” disse Yadava. Ramanuja allora si alzò e con grande umiltà recitò il significato del verso. “Gli occhi del Signore Supremo sono così incantevoli come due fiori di loto che fioriscono ai raggi del sole”.

Yadava disse: “vedo che parli come se vi fosse realmente una ‘Persona Suprema’. Ciò è dovuto alla tua ignoranza infantile. Non hai imparato in modo corretto le tue lezioni. Dovresti sempre ricordarti che il Supremo è senza forma, senza nome e senza attributi. Questo è l’insegnamento del grande Shankara. In futuro non devi dar voce ai tuoi stupidi sentimenti!” Le parole di Yadava facevano male alle orecchie di Ramanuja che rimase in silenzio per rispetto verso il suo insegnante.

Qualche giorno dopo vi fu un secondo incidente. Mentre stava spiegando un verso dalla Taittiriya Upanishad che iniziava con satyam jnanam anantam brahma, Yadava disse che Brahamn era intelligenza, verità e infinito. Ascoltando questa spiegazione, Ramanuja educatamente aggiunse: “Brahman era dotato delle qualità di intelligenza, verità e infinito. Ciò significa che Egli non è coperto dalle qualità dell’ignoranza come gli esseri umani ordinari, non è mai falso e le Sue energie sono illimitate, non limitate. Il Brahman Supremo è il serbatoio di tutte le buone qualità, ma è superiore a quelle qualità, come il sole è superiore alla sua luce”.

L’agitazione che Yadava sentiva nella sua mente gli fece tremare la voce. “Tu, stupido ragazzo!” gridò. “Le tue conclusioni non sono in accordo con quelle di Shankara o di nessun altro dei maestri precedenti! Se hai intenzione di insistere con questo discorso inutile di un Dio personale, perché venire qui semplicemente per sprecare il mio tempo? Perché non avvii una tua scuola e insegni ciò che ti pare? Adesso esci immediatamente dalla mia classe!”

Quindi Ramanuja si alzò dal suo posto e con calma lasciò la stanza, Yadava iniziò a riflettere. “Questo Ramanuja non è un ragazzo ordinario. Se crea una sua scuola, la filosofia della devozione potrebbe diventare una minaccia per la filosofia del non dualismo. Per il bene di preservare la nostra dottrina, questo sciocco dovrebbe essere ucciso!”

Poco dopo, Ramanuja aprì una piccola scuola a casa sua e in poco tempo molte persone iniziarono a venire da lui e ad ascoltare i suoi discorsi devozionali. Le conferenze di Ramanuja erano totalmente teistiche. Egli respingeva il concetto che la jiva, l'entità vivente, potrebbe essere uguale al Brahman Supremo o diventare Dio come affermava Shankara. Ramanuja insegnava che l’essere vivente è una particella di Dio e, come tale, la sua posizione è di servire il tutto completo; diceva che come la mano è parte del corpo e quindi un servo del corpo, così l’essere vivente è parte del Supremo e quindi la sua posizione costituzionale è di servire il Supremo.

La filosofia di Ramanuja fu nota come vishishtadwaita o non dualismo qualificato. Di conseguenza, gli esseri viventi sono ritenuti qualitativamente uno con il Supremo e allo stesso tempo quantitativamente differenti. L’affermazione di Ramanuja era che differenza quantitativa significa che le parti frammentarie del Supremo sono dipendenti dal Supremo ma non possono diventare il Supremo.

La filosofia di Shankara stabiliva che ogni cosa è Brahman e Brahman stesso è assolutamente omogeneo, indifferenziato e senza personalità; l’individualità nasce solo dall’illusione o maya. Ma Ramanuja si opponeva fermamente a questo concetto. La sua filosofia affermava che non ci poteva essere conoscenza di un oggetto non qualificato, la conoscenza indica necessariamente un oggetto come caratterizzato in qualche modo. Ramanuja non riconobbe mai Brahman come privo di attributi e indifferenziato, bensì un Brahman che è un attributo di una realtà più grande: Dio Stesso. Egli pensava che come gli esseri viventi sono personalità individuali, così anche il Supremo è una persona, la Persona Ultima

Inoltre Ramanuja pensava che se l’illusione può coprire l’identità del Supremo, allora l’illusione era più grande di Dio. Perciò egli affermava che noi siamo eternamente persone individuali e il Supremo è eternamente la Persona Suprema, ma a causa della nostra natura limitata noi siamo a volte soggetti all’illusione.

Ramanuja accettava anche la teoria della trasformazione rifiutata da Shankara. Secondo Shankara il mondo materiale è falso, esso non esiste. Ramanuja, d’altro canto, disse che il mondo materiale è l’energia del Signore, e la realtà soggettiva non subisce alcun cambiamento sostanziale in materia di manifestazione materiale alla stregua di un cantante, che crea una canzone attraverso la propria energia, non è menomato a causa della sua creazione, anzi diventa più glorioso

Né il mondo materiale né gli esseri viventi sono concepiti come esseri indipendenti dalla Persona Suprema nella filosofia vishishtadwaita. Gli esseri viventi sono una manifestazione differente del Supremo per il fatto che sono dotati di libero arbitrio, mentre l’energia materiale si manifesta direttamente sotto la volontà del Signore. Il libero arbitrio dell’essere vivente è uno dei fattori più importanti, dal momento che il libero arbitrio è considerato il principio base delle relazioni reciproche tra Dio e l’essere vivente.

Ramanuja presentò la relazione degli esseri viventi con Dio come uno dei servizi eterni. Secondo Ramanuja, quando gli esseri viventi sono liberati dalle illusioni prodotte dall’energia materiale attraverso il metodo della devozione e del naturale amore verso Dio, come la relazione tra un servo affezionato e il suo padrone, allora l’anima entra del mondo spirituale conosciuto come Vaikuntha. Una volta raggiunto il pianeta Vaikuntha, l’anima si impegna nell’eterno servizio devozionale al Signore Supremo, Narayana (Visnu). Ogni giorno Ramanuja impartiva questo sublime messaggio ai suoi uditori.

Vedendo la crescente popolarità di Ramanuja e l’influenza che aveva sulla popolazione di Kanchi, l’arrogante e orgoglioso Yadava Prakash non si dava pace. Raggruppando dalla sua parte i suoi più fedeli studenti, Yadava disse: “Questo impudente Ramanuja è un eretico! E’ un fastidio per la società e una minaccia per le nostre dottrine del non-dualismo. Non vedo nessun’altra possibilità che uccidere questo mascalzone! Cosa ne dite?” I discepoli di Yadava erano completamente d’accordo con il loro insegnante poiché anche loro erano invidiosi di Ramanuja. Escogitarono quindi un piano per ucciderlo.

Con la scusa dell’adorazione del fiume sacro Gange, Yadava e i suoi discepoli organizzarono un pellegrinaggio a Banaras e chiesero a Ramanuja se voleva unirsi a loro. Ignaro del loro piano insidioso, Ramanuja accettò il loro invito. Mentre il gruppo stava per partire, Ramanuja chiese a suo cugino Govinda di accompagnarlo. Al quarto giorno del loro viaggio, Govinda era entrato in confidenza con uno degli studenti più giovani di Yadava che gli confidò il piano per uccidere Ramanuja.

Scioccato dalle intenzioni malvagie di Yadava e sei suoi seguaci, Govinda condusse Ramanuja in un luogo appartato nella foresta e lo informò del pericolo. Govinda chiese a Ramanuja di fuggire nella foresta immediatamente prima che fosse troppo tardi.

Govinda poi ritornò al campo e raccontò agli altri che mentre lui e Ramanuja stavano raccogliendo dei frutti di bosco nella foresta, una tigre saltò addosso a Ramanuja e trascinò via il suo corpo inerte. Esternamente Yadava e i suoi discepoli si mostravano addolorati, ma internamente i loro cuori esultavano. Ora Ramanuja era uscito fuori dalle loro vite per sempre. O così pensavano.

Mentre vagava nella campagna cercando di trovare una via per tornare a casa, Ramanuja raggiunge un pozzo dove un uomo e una donna erano impegnati a tirar fuori acqua da portare al loro villaggio. La coppia offrì a Ramanuja una coppa di acqua per alleviare la sua sete. Dopo aver bevuto, Ramanuja si stese a terra per riposare e cadde in un sonno profondo. Sognò che mentre stava camminando per la foresta, vide l’incarnazione del Signore Ramacandra e della Sua consorte Sitadevi, che gli mostravano la strada per il suo villaggio. Quando Ramanuja si svegliò dal sogno, l’uomo e la donna al pozzo erano spariti. Come si guardò attorno vide che era ormai nella periferia di Kanchi. Come fosse arrivato là, non poteva esserne certo tranne il fatto che era grazie a un miracolo

Ramanuja riprese la sua vita normale a Kanchi e non rivelò a nessuno che la sua vita era stata messa in pericolo. Passarono alcuni mesi fino a che un giorno, Yadava e i suoi discepoli finalmente tornarono a Kanchi dopo aver completato il loro pellegrinaggio. Barcollarono alla vista di Ramanuja vivo e vegeto e ripresero la scuola come di solito. Pensando che il loro piano era stato scoperto, si impaurirono e abbandonarono ogni altro piano per uccidere Ramanuja.

La fama di Ramanuja continuò a diffondersi in lungo e in largo. Un giorno mentre Ramanuja sedeva nella solitudine del suo studio, un venerabile santo di nome Yamunacharya venne alla sua porta a chiedere l’elemosina. Con la sua grande cortesia, Ramanuja accolse il santo nella sua casa. Ramanuja venne a conoscenza che Yamuna veniva dal tempio di Shri Rangam, il famoso tempio di Vishnu. Nel corso della loro discussione, Ramanuja presto realizzò che Yamunacharya era un maestro spirituale qualificato della scienza della devozione. Sopraffatto dall’estasi e dalla gioia, Ramanuja cadde ai suoi piedi e gli chiese di accettarlo come discepolo.

Yamuna immediatamente sollevò Ramanuja da terra e lo abbracciò con profondo amore, egli disse: “Ragazzo mio, oggi sono stato benedetto nel vedere la tua devozione a Dio. Possa tu vivere una lunga e fruttuosa vita sempre intento nel servizio a Narayana, la Persona Suprema.” Ramanuja quindi girò attorno al suo guru invocando auspici, e Yamuna partì per Shri Rangam.

SrirangamVaikuntha

Ora più che mai, Ramanuja predicò la dottrina della devozione con forza e convinzione. Ramanuja era così convincente nella sua presentazione che persino Yadava Prakash e i suoi seguaci si arresero e divennero discepoli di Ramanuja.

Poi un giorno arrivò un messaggero da Shri Rangam e informò Ramanuja che il suo guru era malato e sul punto di morire. Ramanuja partì immediatamente per Shri Rangam, ma non riuscì ad arrivare in tempo. Poco prima che Ramanuja arrivasse, Yamuna lasciò il corpo ed entrò nel beato reame di Vaikuntha.

Attraversando il fiume Kaveri, Ramanuja raggiunse l’isola sulla quale si trovava il tempio di Shri Rangam e si recò direttamente nel luogo dove giaceva il suo guru. Circondato da un gruppo di discepoli, Yamuna giaceva nel letto con gli occhi chiusi, le braccia tese lungo i fianchi e il suo viso era splendente come se fosse immerso in pensieri di infinita bellezza.

Per un momento, l’attenzione di tutti si concentrò su Ramanuja mentre entrava nella stanza e di sedeva a lato del suo guru. Lacrime di amore riempivano i suoi occhi e si mise a piangere, il suo cuore sentiva una grande separazione dal suo maestro. La mano sinistra di Yamuna era posizionata nella posizione yoga della pace, con tre dita tese e il pollice e l’indice uniti alle estremità. La mano destra, comunque, era al suo fianco ma stretta in un pugno. Tutti i discepoli erano colpiti dallo stupore per la posizione della mano destra del loro guru. E nessuno di loro era in grado di capirne il significato. Poiché tutti continuavano a guardare meravigliati, Ramanuja ruppe il silenzio dicendo: “Il nostro guru, il reverendo Yamunacarya, aveva tre desideri che si augurava di soddisfare. Proteggerò le persone in generale che sono rimaste deluse dall’impersonalismo donando loro il nettare della resa ai piedi di loto di Narayana.

Quando Ramanuja parlò, una delle dita della mano destra di Yamuna si tese verso l’esterno. Allora Ramanuja disse: “Per il benessere di tutte le persone del mondo, preparerò un commento al Vedanta-sutra che stabilirà che la Persona Suprema è la realtà ultima. Dopo questo, un secondo dito si raddrizzò, e Ramanuja continuò a parlare. “E al fine di onorare Parasara Muni, che in epoca antica stabilì la relazione tra le jivas, gli esseri viventi, e isvara, la Persona Suprema, darò in suo onore, a uno dei miei discepoli che è molto dotto e devoto a lui, il suo nome”.

Poi Ramanuja tacque e il terzo dito della mano destra di Yamuna si allungò. Tutti i presenti si sbalordirono nel vedere questo miracolo e da quel giorno accettarono Ramanuja come loro leader e guida. Ramanuja continuò a vivere a Sri Rangam per il resto della sua vita e a tempo debito realizzò tutti e tre i voti.

Anche se visse per molti anni come capo famiglia di successo, Ramanuja era destinato ad accettare la via della rinuncia. Alla fine egli prese l’ordine di rinuncia, sannyasa, andando dinnanzi alla Divinità nel tempio e pregando per essere impegnato esclusivamente nel servizio al Signore. Da quel giorno in poi Ramanuja indossò sempre il simbolo di Narayana sulla sua fronte, si vestì con abiti color zafferano e portò il bastone a tre sezioni del rinunciato, che significa servizio a Dio con il corpo, la mente e le parole.

Ramanuja era così potente che i filosofi del non–dualismo presto si trovarono in difficoltà a mantenere la loro posizione in ogni regno. Ramanuja aveva stabilito i principi della devozione in modo così fermo che nessuno poté opporsi a lui. Molti grandi e dotti studiosi vennero a sentirlo parlare e divennero suoi discepoli.

Sentendosi oppressi dalla crescente popolarità della devozione, un certo gruppo di impersonalisti andò a visitare il re di Chola, Krimikantha, a Kanchi. Inchinandosi umilmente davanti al re, che era anch’egli impersonalista, gli chiesero di fare qualcosa per fermare Ramanuja. Dopo qualche discussione, fu deciso che il re avrebbe invitato Ramanuja a prendere parte a un dibattito filosofico a palazzo. Così i messaggeri del re furono mandati a Sri Rangam per prendere Ramanuja. Il re aveva in mente di convertire Ramanuja con la forza, se necessario. Una volta che Ramanuja fosse stato indottrinato, pensava, allora tutti nel regno sarebbero ritornati all’ovile di Shankara.

Dopo aver incontrato i messaggeri del re a Sri Rangam, Ramanuja si preparò per recarsi a Kanchi. Ma Kuresh, un saggio discepolo di Ramanuja, non si fidava delle intenzioni del re e supplicò il suo guru di permettergli di andare al suo posto. Kuresh insistette, e Ramanuja dovette cedere. Quindi Kuresh con le vesti zafferano del suo guru apparve davanti al messaggero con il bastone in mano. Pensando che Kuresh fosse Ramanuja, partirono alla volta di Kanchi. Nel frattempo, vestito di bianco, Ramanuja rimase dietro.

Quando Kuresh raggiunse il palazzo, il re Krimikantha lo salutò con rispetto, pensando che fosse Ramanuja. Ma più tardi, quando Kuresh rifiutò di essere intimidito dal comportamento del re, Krimikantha, in preda a una folle rabbia, ordinò ai suoi soldati di arrestare Kuresh e di bruciare i suoi occhi. Gli uomini del re portarono Kuresh in prigione e, dopo averlo accecato, lo liberarono nella foresta. Durante tutta l’orribile esperienza Kuresh non protestò mai una volta. Egli trovava la forza nel fatto che il suo guru era al sicuro.

Con l’aiuto di alcune persone di Kanchi che erano rimaste sgomente per l’azione del re, Kuresh poté riunirsi al suo guru a Sri Rangam. Entro pochi giorni dopo aver commesso della grave offesa contro Kuresh, il re Krimikantha fu colpito da una malattia incurabile e morì di una morte misera.

A Sri Rangam, Ramanuja portò Kuresh davanti alla Divinità di Narayana e con ferventi preghiere chiese alla Divinità di fargli tornare la vista. “O padrone dell’universo, Tu sei il protettore e benefattore dei Tuoi devoti. Gentilmente sii misericordioso e ridona gli occhi a Kuresh, che senza protestare ha compiuto il supremo sacrificio”. In quel preciso momento Kuresh sentì una dolce brezza soffiargli sulla fronte e immediatamente riottenne la vista.

Ramanuja continuò a vivere a Shri Rangam servendo la divinità di Narayana e impartendo illuminazione a chiunque si recava da lui fino all’età di 120 anni. Un giorno mentre adorava la divinità, pregò: “Caro Signore, ho fatto qualsiasi cosa potessi fare per preservare l’essenza dei Veda, per elevare le anime cadute e per stabilire il rifugio ai Tuoi piedi di loto come il supremo obbiettivo nella vita. Ora il mio corpo, dopo tanti anni in questo mondo, si è stancato. Gentilmente permettimi di abbandonare questo mondo mortale ed entrare nella Tua suprema dimora”.

Con questa preghiera Ramanuja ritornò dal gruppo dei suoi discepoli e annunciò il suo desiderio di lasciare questo mondo. Immersi in un oceano di dolore, i discepoli si strinsero ai piedi del loro guru e gli chiesero di rimanere con loro. È insopportabile per noi concepire la scomparsa della tua forma divina, che è il purificatore supremo, la dimora di tutto ciò che è buono, il distruttore di tutte le afflizioni e la fontana della gioia illimitata. Per pietà dei tuoi figli, per favore stai con noi per altro tempo.

Ramanuja restò sulla Terra per altri tre giorni per placare i loro cuori afflitti. Ramanuja dette le sue ultime istruzioni a coloro che erano più vicini e cari a lui: “Rimanete sempre in compagnia delle anime devote del Signore e servitele come servireste il vostro maestro spirituale. Abbiate fede negli insegnamenti dei Veda e nelle parole dei grandi santi. Non diventate mai schiavi dei vostri sensi: lottate sempre per sconfiggere i tre grandi nemici dell’auto-realizzazione: la lussuria, la rabbia e l’avarizia. Adorate Narayana e traete piacere dal pronunciare i Santi Nomi di Dio come vostro unico rifugio. Servite sinceramente i devoti del Signore: grazie al servizio ai grandi devoti, il servizio più elevato è compiuto e si guadagna velocemente la misericordia suprema. Ricordando queste parole, dovrete vivere felicemente in questo mondo per raggiungere il prossimo”. Con queste ultime parole, Ramanuja, tenendo la sua testa sulle ginocchia di Govinda e la sua mente fissa in una trance spirituale, lasciò il suo corpo mortale ed entrò nel regno di Vaikuntha.

Ramanuja era di sicuro un grande teologo la cui vita e insegnamenti hanno avuto un’influenza duratura sullo sviluppo del pensiero teistico in India. L’introduzione di Ramanuja a Dio come entità assoluta con eccellenti caratteristiche soggettive e il suo essere pioniere al sorgere della devozione al Signore, ha aperto le porte per i futuri riformatori teistici che avrebbero, a tempo debito, rivelato pienamente il potenziale più alto dell’anima nella sua relazione d’amore con Dio e con i Suoi eterni servitori

Prendo rifugio ai piedi di Sri Ramanuja, il nostro venerabile maestro, che, durante la notte oscura della concezione impersonale del divino, ha portato la torcia della conoscenza e quindi illuminato la via della devozione per la Persona Suprema.

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